Chiacchierando di gusto

Se via Sarpi nel vino…è tutta un’altra cosa.

di Bernardo Pasquali

28/04/2007

 Se via Sarpi nel vino…è tutta un’altra cosa. Il trattamento che viene riservato alla Cina è sempre particolarmente contraddittorio. Questo enorme paese asiatico che contiene un sesto della popolazione mondiale a volte fa paura a volte induce in tentazione. Pensate a quanto è successo a Milano a via Sarpi le scorse settimane. Chi non si è scandalizzato per la reazione dei negozianti ed abitanti cinesi residenti in quella via? Ma come diciamo noi, cosa credono di fare i padroni a casa nostra? Situazioni come quelle di Milano non aiutano certo l’integrazione ma addirittura tendono a creare sintomi di repulsione attiva che possono sfociare in atti di violenza per niente necessaria. Poi c’è anche la parte di simpatia. Sentite cosa ha risposto un abitante di via Sarpi ad una domanda di un inviato delle Iene: “A me i cinesi hanno dato una cittadinanza…sono di provenienza meridionale. Sono sempre stato chiamato terun dai milanesi ed oggi finalmente mi sento italiano in mezzo a loro!”. A Prato è ormai da vent’anni che la comunità cinese si è insediata e convive abbastanza tranquillamente con la cittadinanza italiana. Vi hanno insediato anche una televisione cinese per i residenti in Italia e un giornale quotidiano di tiratura nazionale per tutti i cinesi dello Stivale. Ma la Cina è anche altra cosa. Se la si considera una superpotenza che ha incrementi del PIL di circa il 6 – 8% annui a molti fa “gola”. Per cui nello stesso periodo di via Sarpi si era appena concluso Vinitaly e sappiamo che là dentro i cinesi erano non solo benvoluti ma addirittura corteggiati. Una notizia che ha emanato la Regione Marche è stata quella che ci sarà un futuro cinese per i vini piceni. Infatti una delegazione cinese ha visitato la provincia di Ascoli per valutare la possibilità di creare un canale di commercializzazione dei vini piceni nel mercato orientale. Ma parliamo di una realtà piccola. Pensiamo alla mission in Cina (13 – 18 settembre 2006) organizzata da Confindustria, ICE e ABI con la partecipazione del Governo, con i più importanti rappresentanti del mondo produttivo italiano per andare ad aprire canali di commercializzazione e soprattutto per conoscere le dinamiche import – export che si sono stabilite tra i due paesi. Si erano mosse 700 imprese, 26 associazioni imprenditoriali, 12 regioni e 20 istituti bancari. E cosa dire del Food Hotel China di Shangai, una delle più grandi manifestazioni agroalimentari cinesi. Una manifestazione internazionale cresciuta nell’ultima edizione del 20% con una superficie di 30.000 mq. Lì i prodotti italiani stanno avendo sempre più successo e soprattutto i vini. Gli ultimi dati disponibili sull’andamento dell’export agroalimentare verso questo paese confermano una graduale e costante apertura della Cina nei confronti del nostro Paese. Nel 2005 ha importato prodotti made in Italy per circa 17 milioni di euro, in netta crescita rispetto al 2004, quando il valore si è attestato intorno ai 12 milioni di euro (+41%). Il prodotto di punta delle nostre esportazioni è il vino cha ha raggiunto, nel 2005, i 4,6 milioni di euro, con un incremento rispetto all’anno precedente del 63%. Interessante anche l’incremento per l’olio di oliva che, con 4 milioni di euro (+115% rispetto al 2004) diventa il secondo prodotto agroalimentari italiano maggiormente esportato verso la Cina. Insomma gli occhi a mandorla per molti nel vino più che un incubo sono un sogno. Ma c’è da stare attenti: conosciamo la loro capacità di creare emulazione produttiva e si spera che il vino possa essere chiamato fuori da tale pericolo. Ci sono già discorsi di vino valpolicella o Brunello prodotto in Cina e poi esportato con tale nome…non ne abbiamo ancora certezza e soprattutto non sappiamo se e a che livelli questa paradossale copiatura possa essere in atto. C’è già stato qualcuno che ha tentato di produrre Valpolicella o Amarone in Argentina ma con risultati non del tutto fortunati. E credo che produrre un Amarone che sa…di riso, sarà una bufala facilmente accertabile. A parte gli scherzi, il mercato cinese rappresenta una grande sfida e un’ottima opportunità per tutte le aziende italiane. Non c’è più alcun dubbio. Per fortuna che la Cina non si è fermata a via Sarpi! Bernardo Pasquali