Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
18/11/2009
OLIO DEL TEMPIO. Il DOP Sardegna di qualità
VENTIMILA ettari di terreno coltivato ad uliveti, seimila piante d'ulivo, per produrre un olio extravergine di alta qualità. Sono questi i numeri dell'oleificio di Francesco Locci a Dolianova, uno dei maggiori centri del Parteolla a vocazione olearia. Poco fuori dall'abitato ci si può immergere in un ambiente che è un esempio concreto di ruralità evoluta, con una sequenza ordinata di olivi (in molti casi plurisecolari), che pur registrando una cura particolarmente evidente, conservano i tratti, nell'impianto e nelle metodologie, di coltivazione tradizionali. La storia dell'oleificio Locci ha radici lontane. Quattro generazioni si sono succedute nella conduzione e nella gestione dell'azienda, apportando migliorie e nuove tecnologie pur conservando un impianto tradizionale. Francesco Locci, pronipote del fondatore dell'azienda, racconta con orgoglio e passione la storia dell'oleificio, oggi sede di un museo etnografico, che per completezza e ricchezza di materiale raccolto, è forse unico nel suo genere. “ Le proprietà della famiglia nella zona comprendevano molti oliveti, e, come da tradizione, ogni grosso possidente aveva un frantoio per la lavorazione e produzione dell'olio. Ai primi del 1900, mio nonno, il notaio Francesco Locci, acquistò villa Boyl-Bonfant, risalente alla fine del 1600, le relative pertinenze e, continuò, la produzione e lavorazione di molitura delle olive anche per conto terzi. Sa mola de su Notariu è rimasta per tanti anni ad identificare il frantoio di famiglia. Oggi è sede di un museo dedicato interamente all'olivicoltura e ad una preziosa raccolta di lucerne ad olio.” Aperto al pubblico, questo piccolo gioiello etnografico, contiene delle preziose testimonianze di come, negli ultimi due secoli, la produzione dell'olio fosse la fonte principale di economia del paese. All'interno si possono ammirare numerosi attrezzi, tra questi un aratro a trazione animale, una molazza di basalto (rarissima) di provenienza oristanese, ed altri strumenti per la potatura, coltivazione, conservazione dell'olio d'oliva. Dal museo, scendendo una ripida scala, si accede ad una vecchia cisterna dove sono conservati, dei veri gioielli dell'illuminazione ad olio. Oltre un centinaio di Lampade, provenienti da ogni angolo della terra, alcune risalenti al 300 a.C., racchiuse in teche di cristallo, sono le regine di questa preziosa collezione, tra queste quelle dedicate alla dea Hator, provenienti dall'Egitto. Il museo è aperto al pubblico ed è interessante vedere come, nonostante le nuove tecnologie, i metodi di lavorazione siano, in sostanza, rimasti immutati.” La nuova costruzione risale al 1979” continua Francesco Locci, “ed è dotata di impianti all'avanguardia nel campo della molitura. Sono orgoglioso di far visitare la mia azienda al di là del discorso storico è interessante mostrare come usiamo le tecnologie più avanzate in campo estrattivo, non abbiamo impianti con presse, ma usiamo una nuova tecnica, a due fasi, a freddo, che permette di ottenere l'estrazione dell'olio senza aggiunta d'acqua. Questo comporta che i componenti nobili dell'olio, principalmente i polifenoli (che sono idrosolubili) non vanno via con l'acqua di vegetazione, permettendo al prodotto di mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche e chimiche.” Polifenoli, acidità, numero di perossidi, sono i tre parametri fondamentali per il controllo di qualità dell'olio. I polifenoli prevengono l'invecchiamento, fanno bene al sistema cardio-circolatorio, devono essere i più alti possibili, scompaiono con il tempo, per questo un olio con più di 18 mesi non ha più gli stessi valori alti del primo anno. L'acidità di un buon olio dovrebbe essere intorno allo 0,35%, ma per legge può arrivare sino ad un massimo dell'0,80%. I perossidi, espressi come quantità di ossigeno assimilata dall'olio, sono il parametro che indica la propria attività ossidativa, e che durante il naturale invecchiamento, porta all'irrancidimento conferendo odori e sapori sgradevoli al prodotto. I perossidi hanno un valore accettato dalla legge sino ad un massimo di 20. La naturale presenza della Vitamina E e il giusto apporto di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, fanno dell'olio extravergine d'oliva un prodotto dietetico insostituibile.“ Ciò che caratterizza l'azienda è la filiera corta, le olive provengono dai miei oliveti, vengono raccolte con i miei mezzi, macino nel mio stabilimento e commercializzo con il mio marchio. Questo garantisce la qualità del prodotto e di un percorso continuo, che è quello che, attualmente, vuole il consumatore. La Sardegna, a livello nazionale, è all'avanguardia nella tecnologia estrattiva. Come presidente dell'Associazione frantoiani, sono orgoglioso quando ci troviamo nelle riunioni nazionali e posso affermare che il 25% degli impianti, in Sardegna è ormai a due fasi, questo premia in termini di qualità pur non arrivando al 2% del prodotto nazionale ma, mediamente il 25% dei premi arriva alla nostra regione”. Il DOP Sardegna è di alta qualità, la denominazione è riservata all'olio prodotto nel territorio definito e nelle condizioni stabilite, recante in etichetta l'annata o le aree di produzione delle olive, che presenta le seguenti caratteristiche:colore dal verde al giallo con variazione cromatica nel tempo, odore e sapore fruttato di oliva, con sentori d'amaro e piccante” L'azienda produce mediamente all'anno dai 5000 ai 7000 litri d'olio. Produzione volutamente limitata, non solo per una scelta commerciale, ma per continuare a dare la massima garanzia al consumatore. “ Sto cercando di privilegiare un altro aspetto importante, quello degli eventi in azienda per due motivi principali. La Sardegna è la regione che ha il più basso numero di vendite aziendali: ecco perché ho privilegiato il rapporto diretto con il consumatore che crea un continuum, un ricordo, il cliente diventa, nel tempo, un amico. Questa è la politica che sto seguendo, in questo momento”. La creazione di corsi di assaggio dell'olio, panel test per rieducare il palato al gusto dell'oliva, al suo profumo, sapore a cui siamo stati disabituati dall'industria olearia su larga scala. I corsi si tengono ogni venerdì, in azienda, con inizio alle ore 17, al costo di 20 euro.” E continua “ Il mercato, non conosce crisi, anzi si può affermare che, da parte dei consumatori, c'è preferenza per questo prodotto di qualità.” Perché olio del Tempio? "Quando nel 1995 ho preso in mano l'azienda e ho iniziato a commercializzare il prodotto, ho scelto un nome che non fosse scontato. La passione per la storia dei Templari, per il connubio militare, agricolo e religioso; perché erano grandi proprietari terrieri, e per il passaggio degli stessi a Dolianova.” L'azienda è a conduzione familiare, attualmente lavorano due dipendenti fissi, e, periodicamente alcuni stagionali, proprio per assicurare la continuità della filiera.
Cenni storici: l'ulivo e l'olio nella storia e in Sardegna
La storia dell'olivo si perde nella notte dei tempi, è stata la prima pianta ad essere selezionata dall'uomo. Grazie alla sua utilità conquistò un ruolo di primo piano all'interno del culto degli alberi. La pianta dell'ulivo era venerata e protetta come sacra e l'olio di oliva veniva usato nella cerimonia dell'unzione dei re e dei sacerdoti, e offerto come dono agli dei. L'unzione rappresentava l'ingresso di un individuo nella cerchia degli eletti da Dio e, la cerimonia derivava il suo significato dall'identificazione dell'olio con lo spirito divino. Nel Vecchio Testamento, nel passo della Genesi, la colomba liberata da Noè, torna all'arca con un ramo d'olivo nel becco, e simboleggia la pace tra Dio e l'uomo, pace feconda che assicura la sopravvivenza dell'umanità, il perpetuarsi della vita attraverso generazioni, così come la pianta sempre germoglia e dà nuovi frutti. Nell'antica Grecia l'ulivo era sacro a Pallade Atena, il bosco di Pallade è perciò un uliveto sacro. Nel Mediterraneo la produzione ed il commercio dell'olio divennero una delle principali risorse economiche. Grazie all'opera dei Micenei, dei Fenici, dei Greci e dei Romani giunge ad essere una delle principali colture agricole del Mediterraneo e l'olio fu usato per molti usi quotidiani. In Sardegna, l’introduzione di questa coltura, è ascrivibile fra il VII e l' VIII secolo a. C. ad opera, probabilmente, di popolazioni di origine minoica attraverso innesti con oliveti autoctoni. Con l'affermarsi dell'Impero Romano, l'olio d'oliva diventa di uso comune, assume perciò una funzione strategica nel campo del commercio e delle attività di scambio tra diversi popoli e, in questo periodo, si intensificano anche gli studi sulla buona coltivazione dell'olivo. Accanto ad un uso religioso i romani introdussero l'uso alimentare dell'olio. Con le invasioni barbariche, crolla la produzione e la coltivazione, ma sono i religiosi che continuano a conservare intatte le tradizioni per scopi religiosi. L'olivicoltura riprende, in Sardegna in particolare, nel XII e XIII secolo con l'influenza politico militare della repubblica di Pisa. Di questo periodo rimangono vecchi uliveti in tutte le aree dove è stata documentata la dominazione pisana (Marmilla e Trexenta, Sulcis – Iglesiente). Nel XVII secolo la legislazione spagnola consentì una certa espansione negli areali in cui, anche oggi, è principalmente diffusa l'olivicoltura sarda. Grazie all'arrivo di innesti dalla Spagna, si insegnò agli abitanti locali l'innesto degli olivastri spontanei e vennero diffuse le pratiche di governo della coltura. A ciò venne affiancato l'obbligo ai feudatari di costruire molini per estrarre l'olio e l'eliminazione di specifiche normative sul possesso degli oliveti e sulla loro salvaguardia dagli incendi, con pene severissime per i contravventori. Da tale epoca in poi seguono fasi involutive a causa dell'incuria dei proprietari e della propensione di questi ultimi ad accontentarsi di quella ridotta quantità di prodotto che le piante spontaneamente offrivano. Con la sostituzione dei governanti spagnoli con quelli piemontesi, e a seguito di nuovi indirizzi agricoli, vengono effettuate periodiche campagne di sensibilizzazione con l'obbiettivo di risvegliare l'attenzione degli agricoltori verso l'olivo e di migliorarne le tecniche produttive, estendendo le superfici coltivate e cercando di accrescere la produzione. In tutti i riferimenti bibliografici e storici dal 1700 in poi, in Sardegna veniva segnalata una buona produzione di olio ottenibile dai suoi oliveti.
Orsola Apice