Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
07/02/2010
Quando il progresso permise di calmare gli artigli della fame, mtrasformando quest’ultima in appetito e l’alimentazione in gastronomia, la tavola acquistò un ruolo artistico e di bon ton e la soddisfazione dei bisogni primari lasciò lentamente il passo alla ricerca del piacere. Questo spiega perché presso la colta ed evoluta civiltà ateniese, oltre 2000 anni fa, gli antichi Greci già trovavano esaltante ed esclusiva leccornia grattugiare il formaggio direttamente nei calici di vino!
Oggi troveremmo questa pratica un pochino discutibile, perché il gusto contemporaneo troverebbe difficoltoso apprezzare quell’antico sapore.
Va sottolineato tuttavia che il gusto contemporaneo è il frutto di un lento e lontano metabolismo sociale, e molti degli abbinamenti che oggi esaltano il piacere della gola, nascono da una ineccepibile memoria sensitiva che è racchiusa nel nostro DNA. L’educazione al gusto ci apre a nuove conoscenze, ma risveglia le antiche sedimentazioni delle esperienze ripetute dai nostri progenitori nel corso dei millenni.
Da questa breve premessa discende la considerazione che gli abbinamentitra vino e cibo e soprattutto tra vino e formaggio sono spesso frutto di una consolidata esperienza culturale propria di un’area geografica e di un linguaggio del gusto individuale difficili da codificare in regole precise e universalmente accettate. Ma se la sensibilità soggettiva ci porta ad una giusta anarchia del gusto, esistono tuttavia delle regole che permettono di codificare alcuni principi base che portano il palato del degustatore ad accondiscendere, a volte, gli abbinamenti tradizionali oppure a rivoluzionare il consueto, creando nuovi stimolanti accostamenti universalmente condivisi. Il rapporto del vino con il formaggio è infatti unodei connubi più versatili ed è uno dei giochi gastronomici più allettanti.
Le regole del gioco
Abbinare i cibi e i vini è un gioco, ma anche un’arte che ha le sue radici in alcune piccole regole spesso condivise, che trovano humus soprattutto nella maturità del gusto e nell’abilità personale di fare crescere questa dote per portarla all’estremo del piacere.
Isabel Allende, nel testo Afrodita, a proposito dell’abbinamento vino- formaggio, scrive:
“ ... se teniamo presente che il suo unico ingrediente è il latte, il formaggio non ha niente di afrodisiaco, ma accompagnato da pane e vino ed una conversazione piacevole è come lo fosse...”.
Il formaggio infatti diventa piacere estremo quando esalta il gusto del vino inducendo la formazione di nuove componenti olfattive e palatali.
Va detto, a premessa, che di rado si imposta un pranzo o una cena esclusivamente a base di formaggio; il più delle volte questo viene servito in tavola quando si è già scelto il vino da abbinare con le portate precedenti, pertanto, dovendo abbinare un vino con il formaggio servito a conclusione del convivio, la prima regola suggerisce di procedere in successione con i vini già degustati.
Detto questo, esistono invece codici condivisi dalla sommellerie internazionale, che permettono in assoluto di individuare gli abbinamenti migliori.
In questo caso siamo di fronte ad una degustazione tecnica, che ci permette di percepire sensazioni molto più ricche e variegate rispetto a quelle che suggerisce il sereno incontro conviviale tra amici allietato dai nostri diavoli tentatori: il vino e il formaggio.
Per cogliere meglio i motivi di un corretto abbinamento, occorre dunque partire da alcune semplici considerazioni.
La saliva ha un ph quasi neutro, mentre i formaggi possono essere leggermente acidi se freschi a causa della fermentazione lattica, oppure possono essere neutri se hanno subito una fermentazione media, oppure ancora alcalini se molto stagionati. In ognuna di queste condizioni la percezione dei sapori varia, ecco dunque la necessità di “riordinare” la cavità orale con un liquido adeguato.
Il vino è indubbiamente il prodotto più adatto, perché l’alcol contenuto funge da solvente naturale; emulsiona e rende solubili i grassi, favorendo al contempo lo sviluppo delle componenti aromatiche. L’acidità del vino crea contrasto con l’ambiente neutro o alcalino che si è venuto a creare nella bocca con la degustazione del formaggio, mentre i tannini, reagendo con le proteine,
creano quell’armonia gustativa particolarmente gradita al palato, se il vino abbinato è quello giusto.
Codificare gli abbinamenti vino-formaggio è un percorso non privo di sorprese, poiché sia il vino che il formaggio sono due prodotti “vivi” e in continua evoluzione.
In primo luogo una corretta associazione tra vini e formaggi non deve limitarsi a migliorare il sapore del vino, ma invogliare a migliorare la nostra percezione del formaggio stesso.
Sia il vino che il formaggio devono raggiungere nuovi orizzonti di gusto e l’accostamento deve aumentare ed esaltare l’aroma di entrambi, senza che nessuno copra il gusto dell’altro.
Ci sono poi abbinamenti che sembrano “azzardati”, ma spesso la provocazione sorprende per il perfetto connubio di sapori, regalando momenti esaltanti.
Se queste sono le regole generali, un approfondimento a sé merita il Grana Padano, poiché nelle sue diverse stagionature si presenta versatile e predisposto a matrimoni di elezione con varie tipologie di vino.
1// Per l’abbinamento potremo infatti spaziare da un grande brut italiano, fresco di acidità, abbastanza morbido e caldo di alcol, a vini bianchi persistenti nel bouquet e densi negli aromi di frutta fresca, fino a quelli barricati dove le spezie si confondono suadenti con sentori di prugna e fichi secchi.
2// Per gli amanti dei rossi, il Grana Padano può trovare il suo partner scegliendolo tra vini di media
consistenza, fino a celebrare nobili congiunzioni con vini caratterizzati da corposa struttura, sapidi, giustamente tannici e ricchi di corpo.
Il Grana Padano Riserva maturato oltre i due anni, per il suo carattere lievemente più saporito e leggermente piccante ha affinità elettive, per contrapposizione, con vini liquorosi come il Marsala Soleras e con i passiti, che stemperano la sua tenue vena aggressiva, ricomponendo sul palato l’armonia e l’equilibrio.
I migliori vini autoctoni e le tre stagionature di Grana Padano
L’Italia offre un panorama enologico variegato contraddistinto da un mosaico veramente eterogeneo di vini capaci di abbinamenti perfetti con tutta la cucina nazionale ed internazionale.
La grande sfida della globalizzazione e di un mercato sempre più competitivo sia dal punto di vista qualitativo che economico, può essere vinta solo pun tando alla tipicità del nostro territorio.
In questo l’Italia ha senza dubbio un vantaggio incredibile: oltre ai prodotti gastronomici tipici regionali, a livello enologico, vanta il più alto numero di varietà vitivinicole del mondo.
Sono oltre 350 le cultivar usate in vinificazione, ma sono più di 1200 i vitigni che troviamo nel Vigneto Italia. Spesso nomi diversi identificano lo stesso vitigno, ma localmente le uve concorrono, grazie al clima, alle condizioni pedologiche e all’uomo a formare quel mosaico di rarità e di diversificazione che è tipicamente legato alla tradizione italiana.
Autoctoni sono quei vitigni presenti sul territorio da un tempo sufficientemente lungo - almeno 300 anni – per permettere alla selezione naturale di differenziarli e renderli caratteristici dell’area di appartenenza, in modo da potere prescindere dalla loro precedente derivazione.
Il recupero di questi vitigni in Italia rappresenta, dunque, non solo un’alternativa al gusto omologato, indotto spesso dalla ubiquitarietà dei cosiddetti vitigni internazionali quali il Merlot, il Cabernet, il Pinot nero e lo Chardonnay, ma anche un’occasione di rilancio del territorio in cui gli autoctoni allignano per tutelare le tante diversità ampelografiche e le tante biodiversità che l’Italia custodisce. I vitigni antichi e autoctoni sono elementi di comunicazione del territorio e sono uno strumento per valorizzare i tanti borghi, paesi e piccole città, che si stanno ritagliando nuova immagine rispetto ad una fase di abbandono e impoverimento economico e sociale vissuta nelle campagne dal secondo dopoguerra fino a pochi anni fa.
Rivalutare i vitigni autoctoni diventa pertanto un elemento di promozione, perché ogni volta che se ne parla viene inserito un tassello nel grande mosaico della valorizzazione di tuttii territori del vino. Ma i vini da vitigni autoctoni rappresentano anche una delle ricchezze più originali del patrimonio italiano in termini di cultura enogastronomica, perché la loro capacità di essere diversi e di proporre abbinamenti del tutto originali è prerogativa unica negl abbinamenti, in grado di distinguersi da un panorama gustativo appiattito dal crescente impiego enologico di poche varietà di vitigni.
La riscoperta dell’importanza dei vitigni autoctoni è dunque un passo fondamentale verso l’identificazione di prodotti unici di qualità, esatta mente come è il Grana Padano, ch a seconda dei territori in cui nasce e delle stagionature a cui è soggetto offre al palato sensazioni e gusti del tutto originali.
Proponiamo dunque un percorso tra i vini tipici e tradizionali della Penisola abbinati a questo importante protagonista dell’arte casearia italiana.
Grana Padano Dop - Il Grana Padano Dop con una stagionatura inferiore ai 16 mesi presenta profumi non ancora complessi, che ricordano il latte e la panna da cui si origina. La bocca esalta il suo carattere dolce e una discreta grassezza. La sapidità, appena accennata, stimola una discreta salivazione, pertanto occorrono vini morbidi, freschi di acidità, appena tannici e leggermente caldi di alcol, con profumi fruttati mai invadenti. In primis le “bollicine” del Prosecco extra dry, appena floreale con sapore immediato morbido di accattivante leggerezza. Poi da Nord a Sud, potremo apprezzare alcuni dei migliori bianchi italiani.
Il Grana Padano Dop oltre 16 mesi si caratterizza con aromi che sanno ancora di latte e di panna, Contemporaneamente si sviluppano profumi più complessi di burro e di fieno. Alle sensazioni olfattive fa seguito in modo circolare e continuo il sapore, che esalta una discreta salinità, la quale, a sua volta, stimola la salivazione. Dopo la deglutizione questa stagionatura di Grana Padano lascia sulla lingua una leggera, sottile e caratteristica patina di grasso.
Per esaltare le caratteristiche del formaggio occorre dunque un vino leggermente tannico, un vino rosso di discreta intensità e di medio-lunga persistenza.
Un vino giovane e fresco, possibilmente ricco di aromi e di evocazioni che riportano alla fragranza dell’uva da cui si origina.
Grana Padano Riserva -Questo magico prodotto, con i suoi aromi evoluti di burro e di fieno, con la sua piccantezza equilibrata e la sua generosa sapidità, dopo la deglutizione lascia la bocca ricca di sapori, che si stemperano lentamente. Pertanto il vino più appropriato, se si vuole giocare per associazione, è un nettare generoso, longevo, prorompente, intenso, persistente e lungo. Se invece si amano le contrapposizioni di aromi e di sapori, si possono effettuare matrimoni elettivi con vini passiti, che stemperano la vena leggermente aggressiva del Grana Padano Riserva, per ricomporre sul palato l’armonia e l’equilibrio.
Eccoci dunque pronti per un altro viaggio goloso nelle varie regioni italiane, attraverso il caleidoscopico mondo dei vini autoctoni, capaci con la loro rara poliedrica diversità di confrontarsi a meraviglia con questo protagonista straordinario e versatile del paniere gastronomico della Penisola.
Articolo in collaborazione con ViniBuoni d'Italia www.vinibuoni.it