Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
25/02/2010
Il libro è un’opera a più mani che ripercorre la storia della cantina cooperativa, in cui si dice sia nato il celebre vino Amarone della Valpolicella, partendo dalla sua fondazione negli anni trenta fino agli anni più recenti.
Descrive momenti difficili e complessi, ma anche lieti e ricchi di soddisfazioni, che hanno contrassegnato l’evoluzione di questa realtà produttiva profondamente radicata nello splendido territorio della Valpolicella, dalla sua nascita per iniziativa di alcuni viticoltori pionieri fino agli importanti traguardi qualitativi e commerciali della sua produzione pregiata di due miti dell’enologia italiana dell’ultimo decennio: l’Amarone e il Recioto della Valpolicella.
Alla Valpolicella è dedicata l’ampia introduzione storico letteraria curata da Davide Canteri che ha ricostruito in modo esaustivo il passato straordinario di questa regione che fin dagli albori della civiltà si è distinta per la sua vocazione alla viticoltura.
Guido Montaldo ha rivisitato le principali tappe della storia della produzione vinicola veneta durante l’età moderna per arrivare ai grandi progressi del Novecento e all’inizio della produzione industriale di questa regione.
A Morello Pecchioli si deve invece la ricostruzione dello scenario economico politico di inizio secolo in cui si è sviluppato lo spirito cooperativistico della Valpolicella di cui la cantina di Negrar, con i suoi 220 soci viticoltori, è un esempio eccelso. Dei suoi valori mutualistici e di solidarietà che abbinati alla tenacia della tradizione contadina veneta e al profondo rispetto della propria terra hanno gettato i semi del successo imprenditoriale odierno.
Ancora Guido Montaldo ha indagato sulla dibattuta origine del celebre vino Amarone e sulla leggenda che lo vuole risultato dalla casuale dimenticanza di una botte dell’ allora più apprezzato Recioto: “Sta volta te l’è proprio indovinà”, pare abbia esclamato Gaetano dall’Ora, uno dei fondatori della cantina, dopo aver assaggiato il vino di una botte di Recioto che il capo cantina di allora, Adelino Lucchese, aveva incredibilmente dimenticato di travasare. La botte di Recioto dolce scordata in un angolo e con il tempo completamente fermentata, avrebbe dato vita a uno dei vini oggi più acclamati e ricercati da esperti e appassionati di tutto il mondo. E questa prima bottiglia di Amarone della Valpolicella, vendemmia 1938, è oggi orgogliosamente in bella mostra nel museo della cantina.
Il libro è arricchito anche da testimonianze dirette di alcuni dei protagonisti principali degli ultimi 40 anni di questo excursus, permeate da qualche ricordo un po’ nostalgico per un periodo probabilmente irripetibile per lo sviluppo di questo settore.
Un tocco accattivante è aggiunto dalle proposte gastronomiche tradizionali elaborate da Ada Riolfi, abbinate alle versioni dimenticate di antichi blend della Valpolicella, riesaminati da Elisabetta Tosi.
Certamente interessante risulta la seconda parte del libro dedicata alle prospettive future della tradizione viticola della Valpolicella e ai singoli progetti di ricerca della Cantina.
Ripercorrendo ancora una volta la storia della ricerca e della sperimentazione nel vigneto, rievocando le prime forme di vinificazione rudimentali fino ad arrivare all’enologia di precisione che consente oggi nuove interpretazioni enologiche, Daniele Accordini spiega come i grandi vini della Valpolicella non possano però essere solo frutto di scienza e perfezione tecnica, il semplice prodotto di un territorio estremamente vocato e di una tecnologia inimitabile.
“Sempre più è necessario allontanarsi dall’omologazione e dal conformismo di una viticoltura globalizzata”, conferma il Prof. Scienza che ha curato la prefazione al libro.
Oggi un vino deve risultare espressione completa di un terroir, un medium che consenta di compiere un viaggio nella storia, nella cultura e nelle tradizioni di chi lo ha prodotto per mantenere vivo quel rapporto tra universalità del mito e tradizione, dove i segni tangibili dei simboli, oltre ad essere valori universali, sono veicolati dai vitigni antichi e dai luoghi che li fanno rivivere.
La Cantina di Negrar, fedele a questi principi nella produzione dei suoi vini, ha voluto, con questo libro, rendere un ulteriore, piccolo contributo alla grande storia della sua terra e dei suoi uomini.