Donne in vigna

Donne in vigna, Maria Luisa Sparaco, Barbara e Chiara Giannotti, dell’azienda vitivinicola Fazi Battaglia (Marche)

di Antonio Paolini

18/03/2011

 

Dal libro Donne in vigna, a cura di Mario Busso e Angelo Concas "Edizione Vinibuoni d’Italia Biblioteca". 

Donne in vigna, Maria Luisa Sparaco, Barbara e Chiara Giannotti.

 

Una mamma e una bottiglia galeotta

Racconto di Antonio Paolini

Una storia esemplare. Da dividere prima per una, poi per due, e poi ancora per tre. E non è finita. Perché il futuro possibile di Fazi Battaglia (marchio marchigiano, che controlla però anche Fassati a Montepulciano, un’articolata società di import di vini esteri distinta dalla Fazi Battaglia agricola e, da poco, anche Il Greto delle Fate, in Maremma, attraverso una delle ladies di casa) prevede altre cinque donne. Le eredi del team familiare oggi al comando. Ma prima di rischiare di perderci nei numeri, facciamo stop, e torniamo indietro. A quando Fazi Battaglia comincia a declinarsi al femminile.

Lei si chiamava Fernanda Angelini, degli Angelini grandi imprenditori farmaceutici. Figlia di Francesco, bisnonno delle donzelle che oggi co-reggono la barra. Personaggio straordinario e autorevolissimo, ancor oggi un mito per la città di Ancona, di cui fu anche sindaco. Fu lei comunque, Fernanda, che, a un certo punto dribblò i due fratelli maschi e con la benedizione di cotanto papà prese in mano il comando del settore vino. Fu sempre lei insieme al marito (famiglia Sparaco, costruttori edili) a comprare in un zic Fassati. E a formare il primo blocco su cui poggia l’articolata realtà aziendale odierna. Era fine anni Sessanta. E, com’è, come non è, la Fazi, sotto il profilo della femminilizzazione nel profondo, non lascia. Anzi, raddoppia.

Già, ci fu l’avvento di due figure femminilissime, anche troppo per certi versi: - racconta scherzandoci un po’ su Chiara, una delle giovani “capitane” oggi sulla tolda dell’ammiraglia Fazi Battaglia - una è la mamma chiaramente, che a un certo punto prima ha affiancato e poi rilevato nonno alla conduzione. E poi c’era quella bottiglia galeotta, con tutte quelle curve… Che più femmina di così….

La bottiglia dalle curve galeotte è quella, celebre, del Titulus. Quella che, come un missile a forma di pin up (strozzatura secca in vita e rotondità a livello petto e fianchi) ha sparato in giro per il mondo il nome e la label del Verdicchio. Un’icona talmente prepotente, da manuali di design, che, a un certo punto per Fazi Battaglia è divenuta quasi un filo ingombrante.

Ma, intanto, il “renovation day” era bell’e suonato. Con tre argentini tocchi di campana.

Ferma restando al suo posto donna Maria Luisa Sparaco, la mamma, che è anche presidente, ecco in ditta anche Chiara e Barbara. La prima partita per fare l’architetto, virata su una laurea in lingue, e ora felicemente investita del marketing estero. Barbara, dottore in economia e commercio, pensa ad amministrazione e gestione finanziaria. Ed ecco varato il tris di regine in sella (che si fa poker, in verità, con il fratello Luca, che cura il commerciale in Italia e che a sua volta è già padre di due potenziali future “fazibattagline”).

Ma qual è il rapporto tra le tre “conducadores”? Ad esempio, in consiglio si vota?

Altroché! Solo che il voto di mamma - scherza, ma non troppo, Chiara - vale doppio. Si discute. Litigare, no. Con Barbara è impossibile. Ha un carattere d’oro, solare. E con mamma, che è tostissima, per fortuna vado d’accordo.

La Fazi Battaglia del tris di donne ha un vino modello? E se sì, come ci siete arrivate? Assaggiate insieme?

Barbara, io, e Luca con noi, degustiamo spesso. Abbiamo fatto corsi, facciamo blind tasting con competitor dei nostri. Mamma… Beh, ha il mood d’assaggio del consumatore finale. Divide il vino in: buono, o no. Le piace l’Arneis. E ne patisce un po’ la fama. E Chiara? Io amo e soffro i campani: Fiano, Greco, e il loro traversale successo di pubblico. Ma il vino “mio-mio” è lo Sfursat. Barbara invece, la più razionale anche sul calice, ha per bussola i Pinot Grigio del Nordest.

C’è attenzione particolare per i vini firmati da donne, come i vostri? Sì. C’è simpatia ed empatia. Ci capiamo attraverso problemi e sforzi che sentiamo paralleli. Noi produttrici siamo in fondo sempre più complici. Un nome, due? A caldo, per stima, affetto, simpatia, le ragazze Argiolas. Ma di “personagge” ce ne sono ormai tante. Esempio, come non citare Josè Rallo? Una sintesi vivente di doti eclettiche.

Chiara sta oggi ripercorrendo la strada esplorata dalla nonna avviatrice della saga. Come lei allora, è sbarcata in Toscana. La mamma mi ha aiutata a comprare Il Greto delle Fate, detto così perché da sempre ci abitano a frotte le lucciole, creando atmosfere magiche. Faccio Morellino, che non voglio inutilmente pretenzioso o corposo da ingombrare, ma beverino, d’accento un po’ mascolino (è la terra che glielo dà) ma con in più un po’ di profumi ed eleganza che dico io. Dunque non viene dalle Fate il vino più donna dei vostri? No. Il più donna è il Verdicchio. E non solo per via della famosa bottiglia. Proprio per com’è. Sodo e flessibile, dolceamaro di mandorla, snello e generoso, serio e accogliente. Femmina. Fino in fondo. Come piace a noi.

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