Saperi e sapori

I nomi del pane sardo

di Alessandra Guigoni

15/04/2011

Pane di Villaurbana (Oristano) foto di Cristiano Cani ( Mostra di pani e dolci tradizionali della Sardegna - Casa Angioni, Quartucciu - Cagliari).

                                                                         

Vincenzo Porru, intellettuale cagliaritano, tra il 1823 e il 1824 scrisse un importante dizionario, il Nou dizionariu sardu italianu; vediamo insieme uno dei lemmi più giustamente articolati, quello sul pane.

Sappiamo che il pane era il prodotto principale dell’alimentazione popolare sarda e ha tuttora una grande importanza. Il pane è un alimento salutare e ricco di principi nutritivi fondamentali, in barba alle orrende diete ipocarboidratiche di matrice americana che oggi spopolano sulle riviste femminili. Diete che aboliscono pasta, pane, riso, e propongono molte proteine, con affaticamento del fegato ed eccesso di grassi animali nel sangue.

Il pane era il fulcro dell’alimentazione tradizionale, insieme alla zuppe e alle pappe, a base di carboidrati, legumi e in secundis  alle verdure e alle proteine e grassi di origine animale.

Il pane in Sardegna come in altre aree mediterranee assume anche la funzione di simbolo, d’opera d’arte, e di dono: celebri i cosiddetti pani degli sposi, o i pani rituali e votivi dedicati ai santi del calendario liturgico, o i pani del periodo pasquali, uno su tutti il coccoetto con l’uovo, dono per i bimbi.

Nel lemma “pane” di Porru vi sono parole che sono rimaste uguali, termini caduti in disuso, espressioni che oggi indicano cose diverse; vediamoli insieme.

Troviamo “ Pani moddi, pan fresco. Pani tostau, cottu de medas dìs, pan raffermo, pan duro. Pani allanau, o ammuffau, pan muffato, o muffo. Pani spongiazzu, meda morbidu, pan soffice. Pani nieddu,  pan bruno”.  A questo proposito il pane scuro era fortemente avversato dai Sardi, che preferivano sopra ogni altra cosa il candore del pane, sinonimo di bontà e di qualità.

Continua con: “Pani ciuettu, pan gramolato. Pani pesau, pan sodo. Pani, chi portat pòddini, pan cruscoso. Pani azzimu, pane azzimo, o mazzero. Pani cun fermentu, pane lievitato, o con lievito”.

Il pane veniva fatto rigorosamente con il lievito naturale, o lievito madre, chiamato frammentu, fermentu, e nel centro-nord della Sardegna madrighe. Altro non era che un pezzo di pasta avanzato dalla panificazione precedente che veniva quotidianamente rinfrescato e poi utilizzato come lievito nella panificazione successiva insieme ad acqua, sale e farina.

E ancora: “Pani mazzosu, pane midolloso. Pani sgrangiau, o fattu a sa sgrangiada, chi si fait de farra cerria sa prima borta, pane inferigno. Pani de simbula, pane di semola. Pani cundìu de spezias, pan pepato”.

Ancora nell’Ottocento il pane pepato, trovato in altre fonti storiche, era di moda.Vi si aggiungeva della cannella, o del pepe o peperoncino, rendendolo saporito e forte di gusto. Il pane pepato faceva ancora parte di un retaggio medievale, periodo storico in cui si faceva ampio uso delle spezie orientali.

Porru annota: “Pani de sceti, pane di fior di farina. Pani appistoccau, o fattu a pistoccu, pane biscottato. Pani de saba, pan di sapa”.

I pani biscottati, come su pani carasau, su pistoccu ecc. sono ben noti ed apprezzati ai giorni nostri, così come è apprezzato su pani e’ saba, il pane ottenuto inserendo nell’impasto il mosto d’uva cotto, ingrediente di molti dolci della tradizione.

E ancora: “Pani de castangia, castagnaccio. Croxu de pani, corteccia di pane. Pulpa de pani, midolla, mollìca. Pizzicorru de pani, orliccio di pane. Pani spongiau po fai moddizzosu, o gressinus, pan buffetto, sopraffine. Pani de bendiri, pane vendereccio. Pani comunu fattu in domu, pane casalingo. Turrada de pani, crostino. Turrada de pani cun pibiri, e ollu, crescentina”.

Trovo molto interessante l’espressione seguente: “Pani cottu in aqua o brodu po donai a is pipius de latti, pappa”. Sappiamo che le prime pappe infantili sino a non molti decenni fa erano composte da pane ammorbidito con acqua o brodo: lo svezzamento non avveniva con omogeneizzati e latti formulati, allora inesistenti, ma con prodotti di casa, opportunamente manipolati in modo da essere digeribili ai divezzandi.

E per finire tante espressioni vivaci e colorite, molte delle quali ancora presenti nella lingua sarda, alcune delle quali caratteristiche della varie fasi della preparazione del pane casalingo come cummosai, ciuexiri, pesai, ghettai su pani: modi di dire espressivi che lasciano intuire anche la grande competenza nel fare il pane da parte dei Sardi: “Pani trattau, pan grattugiato. Cumossai (t. r.) impastai sa farra, intridere la farina. Ciuexiri sa pasta, gramolare. Fai su pani a pistoccu, biscottare il pane. Turrai su pani, abbrostire il pane. Pani de croxu grussu meda axedu, e beni cottu, chi faint is panatteris, ottimu po fai suppa, pan bòffice, pan tarlocco. Teniri su pani a mendigu, a scarsesa, piatire il pane. Pani a ungiali (t. r.) su propriu che pani asciuttu, pani senza ingaungiu, pane senza companatico. Pani cottu asutta su cinixu calenti, pane soccenericcio. Pesaindi su pani, espres. rust. redusiri sa pasta a cocois, o a panis, spianare il pane. Fattura de su pani, spianatura. Su pani est axedu, est in istadu de ghettai a su forru, il pane è lievito, conviene infornarlo. Fila de panis, piccia, più pani uniti insieme. Pani trappau, e casu fittu, pane alluminato, e cacio cieco, pan bucherato, e cacio serrato. Pani de butiru, pane, o mozzo di butirro. Pani duru che perda, pan petroso”.

Bibliografia consultata: Vincenzo Porru, Nou dizionariu Universali Sardu Italianu, a cura di M. Lőrinczi, 3 volumi. Nuoro, Ilisso, 2002 (ed.orig. 1832).