Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
05/03/2007
Quasi cinque milioni di pecore brucano negli splendidi pascoli sardi per regalarci un latte di qualità eccelsa, che permette ai Mastri Casari di produrre formaggi pecorini di altissimo livello apprezzati dai massimi esperti e dai cultori del buon formaggio in tutto il mondo. Non è un caso se la Sardegna è l’unica regione d’Europa a produrre ben tre formaggi D.O.P: da latte ovino ma una realtà permessa dal fatto che l’insularità mediterranea ha giocato a favore della nostra terra. L’isola, baciata da tanto sole è accarezzata energicamente da venti importanti che la rendono tra i territori più salubri e più ricchi di vari microclimi. Queste condizioni conferiscono alla terra un pascolo generoso di erbe spontanee, che donano al latte profumi e sapori unici ancor più esaltati nella trasformazione di formaggi tipici, tradizionali o innovativi, lavorati dalle sapienti mani dei nostri casari. Inizio pertanto a raccontarvi delle tre tipologie di formaggi ovini D.O.P.: Pecorino Sardo , Fiore Sardo, Pecorino Romano. Questi formaggi sono legati a disciplinari di produzione, i quali però non omologano e non appiattiscono i caratteri peculiari, lasciando ai formaggi una propria identità di profumi e sapori legati al territorio che si differenziano proprio in ragione della diversità dei pascoli. Il Pecorino Sardo D.O.P E’ un formaggio che si ottiene esclusivamente dal latte di pecora intero, in zone che comprendono tutte le province della Sardegna. Il disciplinare di produzione contempla due tipologie differenti: uno giovane, definito “dolce”, l’altro stagionato, definito “maturo”. Il primo, dopo aver maturato per un periodo che va dai venti ai sessanta giorni, si presenta al taglio con una crosta di colore giallo paglierino più o meno intenso, quasi privo di unghiatura. La pasta è bianca, morbida e compatta, talvolta con una leggerissima occhiatura; all’olfatto, è delicato ricco di profumi che ricordano i sentori di fiori bianchi, del latticello, dello yogurt e del burro. Al gusto si identifica per una piacevolissima vena amara-acidula, ingentilita da una pasta dolce, giustamente sapida, che si fonde piacevolmente in bocca, regalando aromi retrolfattivi che richiamano, amplificati, i profumi già sentiti. Nella tipologia “maturo”, il formaggio necessita di un periodo di stagionatura più lungo, in appositi locali, a temperatura e umidità controllate, che si protrae fino a quando il mastro casaro ritiene abbia raggiunto quei caratteri austeri e decisi che lo contraddistinguono. All’analisi visiva si presenta, al momento del taglio, con la crosta, abbastanza fine, di colore giallo paglierino intenso, con screziature brunastre e con una unghiatura non marcata, appena accennata. La pasta compatta è di colore giallo paglierino, più o meno intenso a seconda della stagionatura; all’olfatto è ampio nei profumi e negli aromi tretrolfattivi, che ricordano i fiori gialli (l’elicriso, la ginestra e la mimosa), sentori di alcuni frutti talvolta tropicali, i funghi pleurotus o boletus, nonché sentori pregiati di spezie (noce moscata e cannella) e di tabacco. Il Fiore Sardo D.O.P. E’ uno dei formaggi più antichi, tanto che gli storici lo fanno risalire addirittura al periodo nuragico. Il Fiore Sardo è un prodotto di nicchia ristrettissima in ragione del fatto che veniva esclusivamente prodotto nelle zone montane della Sardegna dagli stessi pastori che tutt’oggi, utilizzando il latte appena munto, lo lavorano a crudo in una tinozza di legno sempre più spesso sostituita da una caldaia, facendo coagulare con caglio di capretto o agnello. La lavorazione di questo saporitissimo formaggio si effettua all’interno delle tipiche e rustiche capanne note con il nome di “pinnette”. Una volta ottenuta la cagliata il pastore provvede alla rottura della sterssa mediante un utensile chiamato “chiova”; la fase successiva, una volta depositata la cagliata, è quella di tagliarla con “sa sega casu”. Le masse ottenute dal taglio vengono messe in due appositi stampi a forma conica che,uniti per la base maggiore, formano uno scalzo a forma di dorso di mulo. Una volta ottenuta la forma, il pastore procede a immergerla in acqua calda per ottenere l’ispessimento della crosta e successivamente opera la salatura in salamoia. Dopo la salatura, il Fiore Sardo viene stagionato nella stessa “pinnetta” in appositi tralicci di canne sospesi sul focolare, posto al centro della capanna, assumendo così quel sapore caratteristico di affumicatura. Nella fase successiva, viene posto a maturare su un soppalco ed infine in ambienti seminterrati, nei quali periodicamente vieni girato e unto con olio di oliva a volte unito a grasso di pecora. Oggi il Fiore Sardo D.O.C. viene prodotto anche da diverse industrie casearie della Sardegna. Questo pregiatissimo formaggio, dopo una lunga e sapiente stagionatura, si presenta al taglio con un crosta dura di colore variabile dal marrone mediamente intenso, al marrone testa di moro, sino al nerastro. I profumi decisi e persistenti donatigli anche dall’affumicatura si completano con sentori della macchia mediterranea, di funghi porcini secchi, di note speziate e di fiori di elicriso. La pasta compatta, di colore giallo paglierino più o meno intenso, con una struttura granitica friabile ancora ricca di umori, il sapore decisamente sapido, intenso e persistente, con una piacevolissima nota piccante, ne fanno un ottimo formaggio da meditazione. Il Pecorino Romano D.O.P. Nonostante il nome che sembra indicare questo prodotto come tipico del Lazio, la maggior parte della produzione vede la luce in Sardegna. Comprensibilmente, un gran numero di consumatori cade facilmente nell’equivoco e capita spesso che qualche potenziale acquirente rimanga stupito nell’apprendere, nei negozi specializzati, che il Pecorino Romano sia in realtà prodotto in Sardegna, ed ancor più stupefatti rimangono coloro che, nelle rassegne internazionali o in altre manifestazioni promosse dal Consorzio del Pecorino Romano, vengono informati del fatto che il prodotto che loro credevano laziale, parli, per il novantaquattro per cento, la lingua sarda. Paradossalmente, questo è un errore nel quale non sembrano incorrere i consumatori statunitensi, che consumano il sessanta per cento della produzione. Non va sottovalutata l’importanza di questo prodotto per l’economia della Sardegna, in considerazione del fatto che stimola un indotto intorno al quale gravita il lavoro di circa venticinquemila persone, per un fatturato di oltre cinquanta milioni di euro. Di fronte a queste cifre, viene spontaneo dar ragione al Presidente del Consorzio del Pecorino Romano, Toto Meloni, quando definisce questo formaggio il tesoriere dei formaggi sardi. Il Pecorino Romano, nonostante venga ancora prodotto con le tradizionali e millenarie tecniche che lo rendevano un prodotto già diffuso ai tempi degli antichi romani, per le proprie particolari caratteristiche di gusto, conservazione e proprietà energetiche, ha affrontato una evoluzione, nell’ultimo periodo, che gli ha consentito di adattarsi a un gusto sempre più esigente dei consumatori. Se infatti, anni addietro, il Pecorino Romano si presentava con una sapidità adatta soprattutto al condimento delle più saporite ricette, negli ultimi anni, grazie alla modifica del disciplinare di produzione, il consumatore può scegliere tra un prodotto da grattugia, con un minimo di otto mesi di stagionatura e un prodotto dotato di una sapidità più elegante, adatto a un consumo da tavola, stagionato per un periodo minimo di cinque mesi. Il Pecorino Romano si presenta al taglio con una crosta sottile, di colore avorio o paglierino; la sua pasta, di struttura compatta, talvolta caratterizzata da leggere occhiature, appare di colore variabile dal bianco al paglierino. All’olfatto comunica sentori che ricordano i profumi di fiori e di erbe del territorio di pascolo e, in alcuni casi, note aromatiche che richiamano nientemeno che alcuni frutti tropicali, tra i quali più spesso l’ananas. Il suo gusto, più piccante ed intenso per il tipo da grattugia, si ingentilisce nella piccantezza e nell’intensità in quello da tavola. Entrambi sono caratterizzati da una buona presenza di grassi, che lo rendono fondente e suadente al palato con una marcata e lunga persistenza aromatica nel fin di bocca. Ad oggi, quindi, il Pecorino Romano D.O.P. entra con merito nelle tavole di tutto il mondo come formaggio da tavola. Questi formaggi sapientemente stagionati, offriranno emozioni sia consumati al naturale che in accostamento con della saporitissima frutta secca, come mandorle nocciole o noci, o frutti appassiti quali prugne albicocche o fichi secchi, o ancor meglio abbinate a marmellate, confettura o composte di frutta in generale; inoltre, si abbinano con splendidi risultati ai mieli più saporiti, in particolare con i mieli sardi di cardo, corbezzolo, rosmarino e arancio, noon sdegnando però le mostarde di frutta o la frutta fresca, tra tutte le pere e l’uva. Un altro accostamento non azzardato è quello di esaltarne le caratteristiche con della sapa di mosto d’uva o un esaltante e splendido aceto balsamico tradizionale. Il tutto può essere accompagnato con i deliziosi e austeri vini dolci da meditazione della Sardegna, ottenuti da uve, spesso vendemmiate tardivamente dei vitigni tradizionali, come il Nasco, il Malvasia, il Moscato, il Vermentino, il Girò e il Cannonau. Angelo Concas