Parliamo di vino

Intervista a Franco e Marco Bernabei, enologi di Tenuta Partemio “La nostra esperienza in Salento e il Negroamaro”

16/05/2011

“La collaborazione con un’azienda nasce sempre con un minuzioso lavoro fatto nei vigneti. Utilizzare sempre il patrimonio viticolo aziendale, studiandolo, selezionandolo, ripiantandolo. Ma evitando nostalgie o sentimentalismi, anzi con una passione maniacale per il controllo dei parametri tecnici, registrando decine di dati e costruendo un archivio minuzioso di tutte le vinificazioni. E poi, continuando a monitorare l’evoluzione del vino, col fine ultimo di costruirne la ‘curva ideale’ nel tempo. Dialogo ed equilibrio sono parole-chiave per produrre vini con la convinzione e l’armonia d'intenti, che rispettino un’architettura equilibrata, la storia e la geografia dei luoghi. È ciò che abbiamo fatto anche in Salento fin dal 2001, quando si è avviata la collaborazione con la Tenuta Partemio/Lomazzi&Sarli”. Inizia con questa chiara e perentoria dichiarazione il nostro incontro con Marco e Franco Bernabei, enologi di Tenuta Partemio, a Latiano, in Salento. È Marco a parlare, mentre il padre, Franco, annuisce consenziente.

Ma prima di continuare questo incontro con i Bernabei, padre e figlio, ricordiamo il percorso di Franco Bernabei. Enologo di fama mondiale, nato ad Abano Terme nel 1952, ha i primi approcci con il vino a fianco del padre, produttore sui Colli Euganei e importatore di vini francesi, da cui eredita la passione per il vino, lo spirito di sacrificio e l’impegno nel lavoro per raggiungere i migliori risultati. A ventidue anni, presso la Facoltà di Agraria a Padova, consegue il titolo di enologo, e si trasferisce poi in Toscana, lavorando a tempo pieno per la Ruffino. Successivamente, nel 1980, diventa libero professionista e decide di collaborare con più aziende, per dare vita a vini che siano narrazioni e raccontino le relazioni vitigno-terroir-uomo, interpretazioni di determinati vitigni – lasciati esprimere ai massimi livelli – con i specifici territori. Nel 1993, insieme alla moglie Daniela, fonda la Enoproject, un laboratorio di consulenze viticole ed enologiche, condotto, oramai da parecchi anni, assieme ai figli Marco e Matteo, entrambi laureati in Viticoltura ed Enologia.

Oltre ai numerosi riconoscimenti per i “suoi” vini arrivati dalle Guide italiane e dalle riviste internazionali (Wine Spectator, Decanter, Wine Enthusiast, The Wine Advocate), Franco Bernabei ha ricevuto diversi premi, tra cui l’Oscar del Vino/Bibenda/Duemilavini, il Rigoletto d’Argento, il Mi Wine, il Bacco d’Oro.

Tra le creature dello staff Bernabei-Enoproject possiamo ricordare il Flaccianello della Pieve di Fontodi, il Fontalloro di Felsìna, il Bucerchiale di Selvapiana, tutti grandi interpreti toscani del Sangiovese. Ma anche grandi vini di altre regioni, dal Friulano Vigne Cinquant’anni di Zamò, al Cannonau Josto Miglior di Poderi Jerzu, passando ovviamente per i vini dell’azienda salentina Tenuta Partemio (ricordiamo per ora almeno il Nomas, il Remedia Amoris, e i Foglio 32 Bianco e Rosso).

Continuiamo ad ascoltare il racconto Franco e Marco Bernabei, in cui appunti e considerazioni, sovrapposizioni e aggiunte si intrecciano con simpatia e complicità, tanto da non riuscire a distinguere se a parlare sia il padre o il figlio: “Dopo aver verificato e analizzato la situazione del vigneto e del tipo di impianti, abbiamo deciso cosa estirpare, impiantando 35 ettari, recuperando il vecchio massale di Primitivo. È stato un lavoro importante perché abbiamo valorizzato un biotipo di quel territorio specifico, che aveva almeno sessant’anni di acclimatazione. Sarebbe stato controproducente utilizzare cloni selezionati nella zona di Manduria, che nel territorio di Tenuta Partemio non avrebbero garantito la stessa qualità. Stessa operazione abbiamo fatto con il Susumaniello. Vinificandolo separatamente ci siamo accorti che dava ottimi risultati e così abbiamo scelto uno dei tre cloni di oltre sessant’anni, presenti in azienda, e realizzato un nuovo impianto, in produzione ormai da 4 anni”.

“Abbiamo migliorato il Negroamaro, il vitigno principe di questo territorio. Il Negroamaro è una bestia difficile tanto quanto il Sangiovese e il Pinot nero. Infatti se lo si lascia andare per la sua strada senza alcuna attenzione non si otterrà mai niente, è necessario invece seguirlo con una viticoltura attenta, valorizzando l’alberello originario, o quello leggermente modificato, o anche una spalliera facendo attenzione a potare la pianta portando il grappolo a 40 centimetri da terra, rispettando così la naturalità e la tradizione, che ha sempre un senso nel contesto del territorio. È un lavoro che ho seguito in prima persona – rivendica Marco –  scendendo spessissimo a Latiano e appassionandomi non solo dei vitigni ma anche del territorio”.

“Il Negroamaro ha una grande fragranza, una buona acidità, e quindi mantiene il suo frutto e la sua eleganza. Non a caso è in programma anche un grande Negroamaro in purezza, così come abbiamo fatto con il Nomas/susumaniello e ora con il blend del Foglio 32 Rosso. Vogliamo sottolineare che il lavoro degli ultimi anni è nato dal confronto con Giovanni Dimastrogiovanni, un enologo di grande esperienza e apertura.

Il blend del Foglio 32 Rosso rispetta i vitigni più rappresentativi del territorio: Susumaniello, Negroamaro, Primitivo, e racconta quei vigneti vocati del mappale 32 dell’azienda. Il risultato è convincente, le migliori caratteristiche dei tre vitigni si armonizzano creando una complessità di grande eleganza”.

Il Negroamaro futuro

“Il Negroamaro in purezza, annata 2008, di cui non abbiamo ancora deciso la presentazione ufficiale, è un vino eccezionale, dalla morbidezza e setosità uniche, un negroamaro individuabile ma che nello stesso tempo non ha nulla a che vedere con i Negroamaro che si possono trovare sul mercato. Anche le annata 2009 e 2010 ci fanno ben sperare, è proprio questa verifica che stiamo attendendo, in maniera di essere sicuri di avere una continuità eccezionale negli anni, pur nella variazione dell’annata.

Dopo nove anni di lavoro di scelta e analisi, per il programma viticolo in cui concimazione e potatura sono condotti al meglio, la produzione è ridotta e selezionata; i vigneti che si esprimono meglio sono ormai stati individuati e le vinificazioni messe a punto. Possiamo dire di essere al 60-70% delle potenzialità complessive della Tenuta Partemio, che sono veramente grandissime, con già delle punte di eccellenza”.

Primitivo, Foglio 32 Bianco, Remedia Amoris…

Qualche parola sugli altri vini di Tenuta Partemio?

“Il Primitivo della Tenuta Partemio – continua Franco – non è il primitivo furbo, morbidoso, facile e accattivante, ma invece mantiene un buon apporto di acidità, un giusto apporto di legno, alcol sostenuto ma non eccedente. È un vino che nasce innanzitutto da una buona viticoltura, escludendo l’apporto di azoto,  aggiungendo microelementi, che sono importantissimi per la pianta, e un po’ di potassio. Noi non facciamo viticoltura biodinamica, ma anche noi pensiamo alla vite come cosa viva con cui dialogare”.

“Il vitigno che nasce sul territorio è sempre più avvantaggiato, anche se ci sono vitigni con propensione più veloce all’adattamento, lo Chardonnay è tra questi. Ma ha anche la necessità di essere seguito in maniera pignola in vigna, soprattutto nel periodo di maggio-giugno, con delle irrigazioni di soccorso in momenti critici. Lo Chardonnay Foglio 32 Bianco è fresco, secco, elegante, senza coda di zucchero, che evidenzierà note di frutta secca quando il vino sarà più evoluto, mantenendo quell’acidità che ti fa salivare la bocca ora che è giovane ma che tra due anni, con l’esterificazione, darà grande eleganza, anche se con la corposità e sapidità che è la nota territoriale. Un vero vino salentino e internazionale al tempo stesso, questo è il Foglio 32 Bianco”.

“Dell’esperienza con l’Aleatico – aggiunge Marco – possiamo dire che dopo vari accorgimenti e verifiche abbiamo deciso di fare l’appassimento in pianta e la doppia raccolta. Ora siamo arrivati a mettere a punto in maniera perfetta lavoro in vigneto e vinificazione. Fruttato e fresco anche dopo molti anni, morbido, vellutato: i risultati si posso appurare, tant’è vero che il Remedia Amoris è oggi probabilmente il miglior Aleatico, e non solo di Puglia. I premi ricevuti negli ultimi mesi ne sono conferma”.

Terminiamo il nostro incontro chiedendo a Franco e a Marco Bernabei un pensiero sul Salento e sulla Puglia.

“Del Salento, di quella parte specifica e magnifica del Salento in cui è inserita la Tenuta Partemio, come di qualsiasi regione nella quale ci capita di lavorare, quello che ci colpisce è la differenza, le peculiarità. Troppo facile trovare le analogie e ripetizioni con altri territori, la sensibilità sta nel trovare la specificità, naturale, storica, geografica, culturale, umana. Ecco allora che le antiche masserie sono da valorizzare come veri e propri castelli, il barocco leccese come uno stile veramente peculiare all’interno dell’arte del Cinquecento, così come la cucina che non si può confondere con quella di nessun altra regione. I vini raccontano anche queste peculiarità. Noi abbiamo la fortuna di viaggiare molto e ci capita di descriverci come i poeti, quei poeti medioevali che viaggiavano molto e cantavano le terre che conoscevano.

L’invito ai produttori pugliesi è quello di unire le forze. È quello che chiede la globalizzazione con cui bisogna fare i conti. La Borgogna lo ha capito prima di tutti che bisognava valorizzare non solo una singola azienda ma anche il territorio, così hanno fatto a Bordeaux, in Toscana, in Piemonte, negli ultimi dieci anni anche l’Alto Adige. Una delle strade per uscire dalla crisi è anche questa”.

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