Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
09/06/2011
In questi giorni è nata la Comunità del cibo Slow Food dell’anguria di Gonnosfanadiga, con gli auspici dell’amministrazione comunale e la partecipazione attiva di molti agricoltori, bravi coltivatori di questo frutto.
Le comunità del cibo Slow Food sono un’entità che ha valori, interessi e destini comuni e che si occupa di far sì che “un cibo, prodotto su piccola scala, arrivi sino a chi lo mangerà”, citando il fondatore del movimento, Carlo Petrini; l’entità è formata da persone che coltivano e/o allevano e/o pescano e/o trasformano e/o distribuiscono e/o promuovono, anche tramite l’arte gastronomica, un certo prodotto.
Nelle province di Cagliari e Medio Campidano attualmente sono presenti tre comunità del cibo Slow Food: quella del cappero di Selargius, che festeggia il suo primo anniversario il 12 giugno a Selargius, in occasione della manifestazione Tastendi; quella degli allevatori di suini di Siurgus Donigala e infine la neonata comunità dell’anguria di Gonnosfanadiga.
L’anguria (Citrullus lanatus), chiamato in sardo principalmente melone forastigu o sìndria (dal catalano) è conosciuto in Sardegna probabilmente sin dal Medioevo, e troviamo diverse fonti storiche preziose che attestano la sua coltivazione nel Settecento, tra cui nell’anonima Descrizione dell’Isola di Sardegna del 1759 dove il redattore, piemontese, annotava che in terra sarda tra le altre cose: «Si coltiva […] quantità prodigiosa di meloni e sindria e un altro frutto denominato tomate».
La coltivazione dell’anguria a Gonnosfanadiga è specializzata e vi attendono una decina di agricoltori, alcuni professionisti, come Raffaele, altri che si occupano dell’orto da pensionati, o per hobby, nel tempo libero, ma tutti con uguale passione e impegno, come Andrea, che lavora di notte e di giorno si dedica al suo orto.
Gonnosfanadiga è una cittadina di 7000 abitanti, alle pendici del monte Linas, attraversata da un corso d’acqua a carattere torrentizio, con più di 400 pozzi tra pubblici (una quarantina) e privati, distribuiti nell’abitato e nelle campagne circostanti, ricche di frutteti, orti e campi. I pozzi costituiscono un unicum in tutta la Sardegna per l’ampio numero e la vetustà di alcuni di essi. La zona circostante è inoltre ricca di minerali, e questo potrebbe spiegare la feracità del suolo e la buona riuscita delle colture. Una delle sue colture più pregiate è costituita dall’olivicoltura e dalla coltivazione della Nera di Gonnos, una varietà locale, pregiata; produce inoltre pani, dolci, salumi, zafferano, miele.
Tutti i testimoni intervistati concordano nel dire che l’anguria di Gonnos è un prodotto per cui venivano dai paesi vicini, come Villacidro, con i carri a prenderlo, nell’antica prazza de su mercau (oggi piazza 17 febbraio) e che arrivava sino a Cagliari. Al Mercato di Cagliari si sentiva decantare dai fruttivendoli al grido di “Sìndria ‘e Gonnos!”, per via del suo sapore speciale, dolce e croccante, causato, riteniamo, dall’ampia disponibilità d’acqua (requisito un tempo raro in Sardegna) e dal terreno locale, prevalentemente collinoso, a ridosso di monti ricchi di minerali.
Attualmente in paese l’anguria si coltiva in piccoli appezzamenti familiari, per l’autoconsumo e per la piccola vendita a livello locale. I semi o le piantine, a seconda dei casi, vengono piantati a fine aprile, dato che l’anguria è sensibile al freddo, e il raccolto è pronto per fine luglio, primi di agosto.
Esistono ancora alcune antiche varietà locali, come su call’e boi, coltivate come curiosità, che ci auguriamo vengano rimesse in produzione; nel frattempo la comunità locale si prepara a presentare la propria comunità e le proprie produzioni di qualità, in primis d’angurie insieme alla condotta Slow Food di Cagliari; l’evento è nel calendario gonnese per la prima decade di Agosto, quando i cocomeri saranno maturi, succosi e dolcissimi.
Alessandra Guigoni