Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
04/10/2011
E’ un giovedì di fine agosto, la giornata non caldissima ed il leggero vento m’inducono con piacere ad inoltrarmi per la downtown cagliaritana, in uno dei suoi quartieri più suggestivi. La Marina.
Quartiere fondato dai pisani nel XIII secolo per ospitare magazzini ed abitazioni di coloro che lavoravano nel porto cittadino. Nei secoli successivi ed attraverso le varie dominazioni, il quartiere cresce, divenendo vivo e movimentato dagli innumerevoli traffici commerciali e popolato da mercanti e pescatori. Nacquero numerose comunità provenienti dalle terre e città con le quali Cagliari stringeva rapporti commerciali. Nei secoli ristrutturazioni parziali, edificazioni, bombardamenti hanno reso questo luogo inconfondibile e carico di storia.
A vederlo oggi questo seducente quartiere non sembra essere cambiato tanto dalla sua propensione iniziale. Ora capita di vedere insieme agli abitanti autoctoni una moltitudine di etnie giunte dalle più disparate località del mondo. E’ quantomeno affascinante scoprire negozi con degli ottimi prodotti alimentari sardi, affiancati da altri nei quali trovare una moltitudine di spezie e prodotti provenienti da ogni angolo del pianeta, e tutto l’ occorrente per la preparazione di ricette lontane dalle consuetudini isolane. Botteghe di merceria locale accostate a rivendite di artigianati provenienti da continenti lontani. I tanti ristoranti del quartiere imbandiscono le strette vie con ombrelloni e tavoli per i pranzi e le cene di turisti e residenti.
Questa fotografia è forse l’ emblema di un quartiere dove passato e presente si fondono insieme, con lo sguardo rivolto verso il futuro. Così il ristorante Dal Corsaro, che è un pezzo rilevante di storia gastronomica cagliaritana, attraversando la generazione passata giunge a quella attuale, cedendo orgogliosamente il passo a quella futura, che trova nel suo giovane chef Stefano, un più che degno successore a quell'immane, professionale lavoro svolto in tanti anni dalla famiglia Deidda.
Il ristorante
Stefano Deidda ha 29 anni, e non mi soffermerò sui vari importanti riconoscimenti e traguardi ottenuti sebbene ancora in giovane età, sulle notevoli esperienze in Italia e all’ estero, la sua dedizione nel ricercare eccellenti materie prime. A riguardo è già stato scritto abbastanza. Mi preme invece sottolineare la sua regolare crescita negli anni. La sua costanza, il suo perseverare nel tempo, la fermezza, il perseguire gli obbiettivi con risolutezza senza mai demordere. Nonostante le difficoltà, gli impedimenti, le incertezze, i timori che alle volte possono intralciare il percorso di un uomo. Il giovane chef dimostra coraggio, umiltà, devozione. A mio avviso, tutti ingredienti non trascurabili, affinché uno chef divenga rilevante ed emerga dalla moltitudine. Oltre alla creatività, ovviamente, che a Stefano non manca.
Arrivo in viale regina Margherita, strada che traccia una sorta di confine tra i quartieri storici cagliaritani e quelli più recenti, compresa quella vocazione turistico - balneare cittadina che approfondirò in altra occasione.
E’ un piacere constatare la positiva evoluzione riscontrata nelle pietanze di Stefano. Dai piatti degustati, emergerà poi una buona complessità e tecnica. Armonie, contrapposizioni, equilibri ben ponderati, frutto di tanta costante ricerca ed applicazione.
L’aperitivo è piacevole, lo champagne Deutz presenta un perlage di grande finezza, giallo dorato sostenuto, note floreali seguite da aromi di pane tostato, pasta di mandorle e frutta gialla matura. Freschezza e morbidezza delle uve Chardonnay e Pinot conferiscono una piacevole rotondità. I pani sono tutti fatti in casa dai grissini al cornetto alle olive e semi di papavero, treccina ai semi di finocchietto, pizzetta al pomodorino cherry ed origano, focaccina infarinata, salata all’ olio extravergine d’oliva, nodino di farina integrale ed il pane carasau in versione guttiau.
L’ abbondante stuzzichino è un’ insalata di sarde marinate con cipolle rosse e crema di ricotta di pecora.
Particolare procedura per l’ ottima cipolla che viene tagliata a julienne, marinata nel sale per circa un’ora, quindi dissalata e condita con un po’ di succo di limone, così da ottenere una cipolla definita da Stefano rosa shock. Il piatto è ben legato e presenta un buon contrasto di tendenza dolce e sapidità. Il tutto è giustamente equilibrato dalle altre svariate tendenze dolci ed amarognole delle insalate: riccia, tarassaco, songino, gentilina rossa e verde, fiori eduli. Ottima anche la delicata sapidità della crema di ricotta di pecora e la croccante saporosità dei cubetti di pane.
Il battuto di spigola, verdurine croccanti, crostini al timo e guazzetto di agrumi.
Piatto dalla piacevole tendenza dolce, con il battuto di spigola che sa di mare. Graditi e piacevoli i germogli di rafano e di borragine. Anche la polvere nera, ottenuta dalla lisca del pesce essiccata in forno a 120°C e poi polverizzata al cutter. Piatto che degusto con un sempre piacevole muller thurgau 2010 di Hofstatter.
Inachis Planargia igt è invece una novità della cantina Zarelli di Magomadas, interessante Malvasia che ben si abbina con il Baccalà in due maniere, crema di mozzarella affumicata e croccante alle olive nere.
Il baccalà è ben tagliato, compatto, morbido, saporito. Piacevole l’ accostamento alla crema di mozzarella affumicata, alle olive ed all’ interessante sfera.
La zuppetta tiepida di carote, cannolo croccante di pane ripieno con ricotta alle erbe.
Piatto che nella sua evoluzione gustativa mi entusiasma. La crema è ottenuta dalle carote pelate e cotte in sottovuoto a 125°C con acqua, poco sale, zucchero, qualche costa di porro. Successivamente raffreddate ed omogeneizzate con il cutter, poi aggiustate con un filo d’ olio e pepe bianco. I cannoli sono ottenuti da un tipico pane sardo chiamato moddizzosu, congelato e tagliato a fette sottilissime con un’ affettatrice. Il pane è poi avvolto su dei cannoli per pasticceria e cotto in forno a 130°C per alcuni minuti. La ricotta di pecora, strepitosa, viene stemperata con un filo d’olio,sale, pepe e finocchietto selvatico tritato. La liquirizia è ottenuta grattando con il microplane una grossa pepita e posta ai lati del piatto. Avviene che mentre assaggio la crema tiepida vi è una soave combinazione con la morbida ricotta e la croccantezza della cialda, a tutto ciò si aggiunge l’aromaticità dei petali di garofano e dell’ erbetta maggiorana. Il piatto è nel suo insieme molto piacevole ed estremamente armonico. Ad entusiasmarmi e renderlo singolare, è il finale, dove emerge una straordinaria nota di liquirizia dando al piatto una gradita complessità.
I culurgiones artigianali di Jerzu alle erbe fini, Fiore sardo dop e briciole di pane alla cipolla. Tipica pietanza Barbaricina rivisitata dallo chef. In questo caso per rispettarne integralmente la tradizione, la qualità e la particolare lavorazione effettuata manualmente per ogni singolo pezzo, il prodotto è preparato per il ristorante dal pastificio artigianale Muceli di Jerzu. La pasta è perfetta nello spessore e la consistenza, come l’ottimo ripieno, ben accompagnato dalla sapidità del Fiore sardo dop e dalle piacevoli briciole di pane.
Gnocchi di patate con le cozze di Olbia e i pomodorini cherry. Piatto semplice ma efficace. Le particolari condizioni ambientali del golfo di Olbia conferiscono a questa cozza peculiarità gustative che la rendono riconoscibile rispetto ad altre. Il prodotto è in attesa del marchio Igp. Tendenza dolce dei pomodorini, sapidità marina del frutto di mare, buona compattezza degli gnocchi. Piatto saporito e soddisfacente. Gnocchi e culurgiones sono accompagnati e ben sostenuti da un ottimo Ruinas Colli del Limbara igt delle cantine Depperu di Luras. E’ un vermentino 100%, a mio avviso tra i più interessanti dell’ Isola. Di buon grado alcolico, consistenza e limpidezza, intenso al naso e di buona complessità, note fruttate a pasta bianca e gialla, sentori floreali e di nocciola che proseguono ampi anche dopo la deglutizione. Equilibrato, armonico, intenso e persistente. Vino che si presta anche a qualche anno di affinamento in bottiglia.
Il pinot bianco Schulthauser di St.Michael – Eppan viene invece abbinato al Pesce spada marinato al miele,crema di zucchine in scapece e prosciutto croccante.
L’ ottimo pesce dopo essere stato tagliato in cubi, viene fatto marinare sottovuoto per una notte con miele d’ acacia, porro, peperone, semi di finocchio, pepe rosa e sale. Eccellente risultato. Come graditissimi sono i germogli di daikon e di mostarda. Esemplare la croccantezza e sapidità del prosciutto, ottima la crema di zucchine che ben lega tutto il piatto rendendolo armonico.
Il maialino da latte appena affumicato e laccato al caffè, salsa alla senape e centrifugato di mele.
E' una moderna rivisitazione di un grande classico della cucina sarda. L'abbinamento con la senape potrebbe aprire nuove strade all ‘abituale modo di degustare il “maialetto sardo”, che deve avere un peso di circa 5 kg e mezzo, infilzato con uno spiedo e posto su un girarrosto. Cotto alla brace per almeno due ore, giustamente distanziato, ed aggiustato di sale. L’abbinamento con la senape di Stefano, vi assicuro, potrebbe essere un’ interessante variante alla classica degustazione. Il maialino preparato da Deidda è cotto sottovuoto a 64°C per 12 ore dopo essere stato disossato e ricompattato in un terrina. Il fondo è una demi glace di vitella con scarti di prosciutto e infusione con chicchi di caffè. Dopo la cottura la carne viene affumicata con rami aromatici all’ interno della camera del forno. La salsa alla senape è un purè di patate leggero, montato in planetaria con senape liscia ed olio extravergine. Una volta raffreddato il maialino viene tagliato e rosolato dalla parte della pelle con burro chiaro e scaldato in forno. Ad accompagnare egregiamente la pietanza è Otto lustri di Ronc Soreli. Vino bianco di grande struttura, complesso e vinificato in acciaio. Molto intenso e di ampio bouquet aromatico dove prevalgono frutti tropicali e miele.
Il moscato rosa di Hofstatter è un vino che mi ha sempre appassionato, è un piacere ritrovarlo in compagnia del Gelato allo zafferano con gateau di mandorle e scorzette d’ arancia candite.
La sfogliatina alle fragole e zabaione Dessert di un dolce piacevole e non stucchevole, interessante è la scoperta di Scaccomatto, Albana di Romagna passito docg della Fattoria Zerbina. Vino estremamente complesso e difficile nella realizzazione, che ovviamente conduce ad un ottimo risultato.
Dopo il pranzo il mio sguardo volge verso la parte alta di viale Regina Margherita. Ho sempre pensato d’ essere dotato di una discreta dose di timida follia e d’ un pizzico d’ incoscienza. Sarà che ad una determinata ora del pomeriggio, sotto il sole d’ agosto, il ragionare volge verso stravaganti tragitti. Sarà che dopo tanto buon mangiare e bere, vi è il desiderio di smaltire l’eccessivo apporto di calorie.. Così come già accaduto in altre occasioni, decido d’inoltrarmi imprudentemente per le strade cittadine, come se i miei percorsi mattutini non fossero stati sufficientemente appaganti.
M’ inerpico su per il bastione Saint Remy, costruito alla fine del XIX secolo sulle antiche mura della città risalenti al XIII secolo. E’una delle più importanti fortificazioni cagliaritane, che unisce il quartiere sovrastante di Castello con quello sottostante della Marina e Villanova.
L’aria è buona come lo scenario. Proseguo per le vie del quartiere Castello, dove con piacere ritrovo panorami stupendi, che mi lasciano senza fiato, molto probabilmente anche a causa della lunga ed estenuante camminata...
Questo è il quartiere principale dei quattro storici della città. Sorge su un colle a circa 100 metri dal livello del mare. Fondato dai Pisani nel XIII secolo, lo fortificarono dotandolo di mura, torri e bastioni, trasferendovi le sedi del potere civile, militare e religioso. Nei secoli a venire e sotto le varie dominazioni Spagnole e Piemontesi, continuò ad ospitare palazzi del potere e case nobiliari. Oramai sono inarrestabile, vado avanti, trovo un po’ di frescura proseguendo per i viottoli stretti.
Ritrovo gli antichi ingressi al quartiere, quelle porte medievali aperte nelle mura che ancora cingono la quasi totalità del quartiere, isolandolo dal resto della città. Lunga, estenuante, piacevole camminata. Calorie smaltite, e meraviglioso suggestivo vedere, ed ovviamente ottima esperienza gastronomica.
Pietro Pio Pitzalis - www.reportergourmet.com