Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
26/10/2011
Uno degli aspetti più affascinanti della produzione del vino è quello della sua raccolta: la vendemmia. E se sempre più spesso non è più una raccolta manuale, ma viene realizzata con macchinari e con fasi sempre maggiormente automatizzate, il momento della raccolta dell’uva unisce un grande sforzo operativo a un evento di grande fascino e di forte simbologia. Nelle aziende vinicole è un culmine di attività lavorativa, per cui normalmente non è proprio questo il momento giusto per visite di curiosi e appassionati. Negli ultimi tempi, però, fattorie didattiche e alcune aziende permettono a interessati di partecipare ad almeno una fase della raccolta, trasformando quello che è il culmine delle cure in vigna in un momento di festa e di intelligente marketing. Perciò sono sempre di più le persone interessate a dare una mano alla raccolta e essere presenti attivamente al momento della vendemmia. Siano appassionati di vino, della vita in campagna o anche solo per trascorrere una bella giornata all’aria aperta. Le Cantine Olivella di Santa Anastasia, in provincia di Napoli, offrono già da 4 anni la possibilità di partecipare alla raccolta e alla pigiatura della loro uva. Il giorno di vendemmia, nelle precedenti edizioni, era sempre piovoso, mentre quest’anno c’era un cielo terso, anche se era molto, molto ventoso. “La partecipazione è sempre stata numerosa, anche se gli altri anni siamo stati sfortunati, ha sempre piovuto, ormai c’eravamo abituati alla pioggia” ha detto scherzando Ciro, uno dei proprietari “Questa volta, finalmente bel tempo, tanto che quando abbiamo visto il cielo, stamattina, ci siamo domandati, chissà, chissà, se vengono persone anche con il sole!”. Invece alle otto si sono riuniti nel cortile della cantina, puntuali, i primi partecipanti, intabarrati di tutto punto per proteggersi dal vento, ancora un po’ insonnoliti e perciò molto grati del caffè bollente servito in attesa dei ritardatari. Alle nove il gruppo era pronto e ci si è mossi nella campagna sovrastata dal Monte Somma per raggiungere le vigne a una decina di minuti di distanza dalle cantine, a una altitudine di 450 metri sul livello del mare. Ogni vendemmiatore sfoggiava una maglietta “griffata” con il logo dell’azienda e il motto “Uva Catalanesca, l’uva nostra”che dava un’identità a questo eterogeneo gruppo di vendemmiatori in spe. Le cantine Olivella allevano quasi elusivamente il vitigno autoctono Catalanesca, difendendo tipicità e storia di un’uva particolare. I vitigni furono importati dalla Spagna nel XIV Sec. da Alfonso d’Aragona e risultando resistenti alla filossera, non sono scomparsi come è stato il caso di altri vitigni. Per lungo tempo considerata solo uva da tavola, vanta però una lunga tradizione di produzione e mescita popolare. Il vino buono che i napoletani compravano in damigiane dai contadini, tanto per intenderci. Da quattro anni con quest’uva si produce vino da tavola in purezza: il Katà, che ora ha finalmente ricevuto il riconoscimento IGT. Per cui il vino del prossimo anno potrà fregiarsi di questo titolo in etichetta. Arrivati in vigna, i volontari, consci della loro responsabilità, si sono riforniti di cassette e forbici e due per filare, vuoi per il freddo, vuoi per l’entusiasmo, hanno raccolto in tempo record tutti i grappoli, così che quando dopo le undici sono arrivati i “pigroni”e la scolaresca dell’Istituto Professionale per il Turismo di Portici, il lavoro era già bello e fatto e la delusione degli ultimi arrivati si leggeva loro in faccia. Lavorare stanca, e consuma energie, e benvenuta è stata la colazione a base di frittata di pasta portata in grandi ruoti d’alluminio e panini con polpette e melanzane, offerti in “cuoppi” di carta da pane, accompagnate da degustazioni dei vini prodotti dall’azienda, serviti e spiegati da sommelier. È così iniziato il momento vero e proprio di socializzazione e di festa. Insieme giovani e vecchi, contadini e cittadini, e come sempre al sud, bambini dappertutto. Quelli del luogo abituati a dare fin da piccoli una mano in campagna e molto fieri del loro lavoro. I più grandicelli raccontavano orgogliosi di saper già guidare il trattore che ha portato e riportato dalla cantina alla vigna provviste e cassette d’uva. “Ma solo nel cortile e quando c’è mio padre o mio zio”, ha precisato il ragazzino più grande, sui dodici anni, squadrato con invidia dai fratelli e cuginetti che non avevano ancora l’età per avere il permesso di farlo.
Rinfrancati e riscaldati da polpette e vino, il gruppo è ritornato all’azienda, dove la giornata è continuata assistendo a diraspatura e pigiatura. Il mosto ottenuto è stato in seguito passato in serbatoi d’acciaio dove la fermentazione avverrà a temperatura controllata e le fecce sedimenteranno. A seguire un affinamento in bottiglia per tre mesi.
La festa ha avuto seguito sull’aia con una bella atmosfera di partecipazione e familiarità, ancora degustazioni di verdure sott’olio preparate artigianalmente, servite con bruschette, e non è mancata ne la musica popolare ne i balli con “tammurriate” improvvisate. Ce ne era per tutti i gusti e tutte le età e quando a tardo pomeriggio è venuto il momento dei commiati e dei ringraziamenti, tutti si sono dati appuntamento per la vendemmia 2012.
La Cantina Olivella è una azienda a carattere familiare a Santa Anastasia, nel cuore del parco Nazionale del Vesuvio, zona vocata fin dall’antichità alla coltivazione della vite. Il terreno, vulcanico- sabbioso, conferisce al vino sapidità e una marcata vena minerale, oltre ai sentori di frutti coltivati nel terroir, come albicocca, la locale “pellecchiella”, cantalupo, ginestra, sorbo e mandorla, che conferiscono al vino morbidezza e freschezza.
L’ultima generazione che gestisce l’azienda ha saputo ben conciliare amore per i vitigni autoctoni e rispetto per il territorio, con capacità manageriali e imprenditoriali, essendo tra l’altro presente a fiere di prestigio come Vinitaly e Vitigno Italia. Il nome della cantina deriva da quello della sorgente che sgorga alle falde del monte Somma, l’Olivella: nei suoi pressi nel 1974 fu ritrovato un frammento di orcio vinario, a testimonianza della grande popolarità che il vino prodotto in questi luoghi godeva per le sue qualità nelle dimore degli antichi romani abbienti. All’imboccatura dell’anfora è impressa la scritta abbreviata sextus Catius festus con un timbro che ricorda una foglia stilizzata, o un cuoricino. È questo timbro che la cantina Olivella ha preso come logo, fornendolo di uno stelo che lo trasforma in calice di vino e dove i due campi, destro e sinistro del cuore, hanno colori diversi a seconda del vino. Rosso e arancione per LacrimaNero, verde e verde chiaro per il LacrimaBianco, (ambedue DOC), ocra e rosso pompeiano per Katà e azzurro e pervinca per il passito VO (acronimo di Verso Ovest, volendo indicare la sua esposizione, ma anche prima persona singolare del verbo Andare, come augurio di successo per la azienda).
Per ulteriori informazioni: www.cantineolivella.com