Saperi e sapori

L’anguilla sarda nelle fonti storiche.

di Alessandra Guigoni

09/12/2011

Natale: tempo di regali, di solidarietà, di spiritualità rinnovata e di pranzi e cene con amici e parenti. L’anguilla nei menu sardi durante le feste natalizie, non manca mai, è tradizione. Ma da quando?

Le anguille -si sa - in Sardegna si catturano da sempre, fanno parte dei cosiddetti pesci d’acqua dolce o salmastra, la cui pesca ha una tradizione notevole.

Altrettanto ragguardevole è la presenza di questo pesce sinuoso nelle fonti storiche isolane.

La località di Mare pontis, nell’Oristanese, era già famosa nel Medioevo per la pesca delle anguille; in un atto di donazione al monastero di Bonarcado per la libera pesca da parte di Ugone Basso si citano anguille e boghe.

In un documento settecentesco sul porto d’Oristano e i suoi traffici marittimi si dice che le barche son colme di “maioliche, meloni e più avanti di “anguille salate, mughelli e bottarighe”. Dobbiamo al naturalista Francesco Cetti (1777) una delle prime descrizioni dell’anguilla sarda, il riformista Antonio Purqueddu nel 1779 enumerando le produzioni isolane parla di “anguille salate”. Matteo Madao pochi anni dopo nelle Dissertazioni storiche apologetiche critiche delle sarde antichità elogia le anguille dei fiumi sardi dove “ogni fiume è provveduto d’anguille, dappertutto saporitissime, e di facile digestione”. Gli fa eco don Gianandrea Masala nei Sonetti storici sulla Sardegna, nel 1808: “Le anguille de’ nostri fiumi hanno un sapore delicato, e sono di una straordinaria grassezza e consistenza”.

Nell’Ottocento c’erano località celebri per le saporite anguille, come nell’algherese, dove pare che dal Coghinas annualmente si estraessero 3600 libbre di anguille, che rendevano 180 scudi, o nell’Asseminese, dove non casualmente sono ancor oggi un ingrediente della locale panada. Sergio Atzeni in Passavamo sulla terra leggeri del resto fa mangiare ad un suo personaggio un pane farcito di anguille, omaggio letterario alla panada. Vittorio Angius nell’Ottocento scrisse che i pescatori di Elmas non erano meno di 30, suddivisi in 10 barche, e “prendono ottime anguille” e il viaggiatore francese Gaston Vuillier nel 1893 annotava l’abbondanza di anguille e trote nel Flumendosa.

Infine l’immancabile citazione deleddiana: il mestiere di pescare anguille era svilente ai tempi di Grazia, almeno a dar retta ad un passo di Fior di Sardegna dove scrive che esser pescatore di anguille equivaleva a essere un poltrone o un asino.