Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
02/08/2007
Chiamatemi yabby sarò il vostro crostaceo. Lo chiamano yabby, ma il suo nome scientifico è Cherax destructor. Quasi sconosciuto in Italia, lo yabby è un crostaceo parastacide originario del West Australia, dove trova il suo habitat ideale per le condizioni climatiche e ambientali. In genere ha una predilezione per i fiumi e i torrenti, tuttavia è molto abbondante anche nei laghi o nelle paludi e riesce a sopravvivere a lunghi periodi di siccità, nascondendosi nelle tane. In Australia viene inoltre allevato artificialmente, in impianti intensivi o, più spesso, estensivi. Lo yabby, crostaceo dal temperamento piuttosto aggressivo, è molto prolifico – può riprodursi oltre quattro volte l’anno – e raggiunge in condizioni ottimali un peso medio commerciale di 40-50 g in meno di sei mesi dalla schiusa dell’uovo, contro i 12-18 mesi impiegati da altre specie similari. Tuttavia le pezzature commerciali più ricorrenti prevedono anche taglie che oscillano tra i 70 e i 200 g di peso, ovviamente con tempi d’ingrasso più lunghi. Tali caratteristiche produttive e di estrema rusticità, unite alla possibilità di individuare in Sicilia ambienti assimilabili a quelli in cui il crostaceo trova condizioni ottimali, hanno spinto a valutare l’opportunità di una sua introduzione nell’Isola ricorrendo a un allevamento a ciclo intensivo con ricircolo dell’acqua. A tal fine, nell’ambito del programma interregionale “Ricerca e sperimentazione applicativa, trasferimento delle innovazioni agli operatori di filiera e programmi a forte contenuto innovativo”, nel dicembre del 2003 è stato inaugurato il primo centro pilota regionale per l’acquacoltura e l’allevamento intensivo dello yabby, estendendo l’attività all’intero settore dell’acquacoltura regionale e ponendo le basi per un coinvolgimento pieno, efficiente e costruttivo da parte dei Servizi allo Sviluppo dell’assessorato Agricoltura e Foreste. Tutto ciò in perfetta sintonia con l’assessorato regionale alla Cooperazione e Pesca, cui è demandata la gestione dello Sfop, strumento finanziario della Comunità europea a sostegno della pesca e dell’acquacoltura. Il protocollo messo a punto prevede una prova dimostrativa che avrà una durata di almeno tre anni, e ha come obiettivo quello di studiare l’adattabilità di questa specie all’allevamento intensivo in vasca per poterne avviare la diffusione a livello imprenditoriale. Il programma, già in fase di attuazione, vede sul fronte della promozione del prodotto una collaborazione strategica con la Federazione italiana cuochi (Fic), che si realizza attraverso l’organizzazione di concorsi culinari, prove di assaggio guidate e articoli su riviste specializzate di cucina. Responsabile dell’impianto è Alfonso Milano, dirigente dell’Unità operativa 99 di Agrigento, che tra l’altro è il referente del progetto Acquacoltura facente capo all’Unità operativa 45, diretta da Giuseppe Spartà (responsabile regionale del progetto). L’iniziativa si avvale della collaborazione scientifica dell’Università degli Studi del Sannio (Benevento), Dipartimento di Scienze biologiche e ambientali, e dell’Università di Bologna, Facoltà di Medicina veterinaria, che cura gli aspetti sanitari del progetto. La struttura si estende per circa 500 metri quadri, divisi in tre settori – incubatoi, allevamento larvale e post larvale, ingrasso – ed è parzialmente protetta per mantenere stabili le condizioni termiche all’interno. La progettazione degli impianti è stata condotta tenendo conto della possibilità di avviare anche altri protocolli di allevamento per specie ittiche di elevato interesse commerciale, sia di acqua dolce che di acqua marina. Per lo yabby la fase riproduttiva è quella che viene seguita con maggiore interesse, soprattutto a causa del forte istinto cannibale della specie. Sono state dunque allestite particolari gabbie divise in comparti, ognuna delle quali ospita tre o quattro femmine di yabby fecondate e provenienti dalle vasche dei riproduttori. Per evitare che le femmine, particolarmente aggressive negli allevamenti intensivi, possano nutrirsi dei propri piccoli, si provvede a separarle rapidamente dai nuovi nati, confinandoli in un apposito scomparto. Bisogna anche dire che questi crostacei non hanno un vero e proprio stadio larvale, e appena schiusi dall’uovo sono simili ai genitori e già provvisti dell’istinto cannibale. Negli allevamenti intensivi, quando lo spazio è ridotto, il cannibalismo si spinge a livelli estremi anche fra gli adulti, costringendo l’allevatore a dividerli con delle grate. Tale peculiarità comportamentale è legata al forte senso di territorialità degli yabby. A ciò si può ovviare spingendo la densità di allevamento, nella fase d’ingrasso, a non più di 20-25 individui adulti per metro quadro e dotando il fondo delle vasche di appositi ricoveri (mattoni forati, spezzoni di tubo, tegole, ecc.). Per quanto riguarda l’alimentazione, i piccoli vengono nutriti con Artemia Salina, un protozoo rotifero di acqua salata, che viene commercializzato o come alimento congelato costituito da adulti o come nauplii da far schiudere; gli adulti, invece, vengono nutriti con un pastone costituito da sostanza vegetale (patate, leguminose), farina di pesce e scarti della lavorazione del pesce. La convenienza per la diffusione dello yabby è rappresentata dalla sua estrema adattabilità, che si unisce alla notevole prolificità e agli elevati ritmi di accrescimento. La produzione risulta particolarmente interessante in quanto può essere immessa sul mercato in tempi brevi, consentendo anche tre o quattro cicli in un anno per pezzature di 50-60 g. Un ulteriore aspetto che si sta seguendo nell’allevamento dello yabby è quello della selezione genetica, puntando sulla stabilità di caratteri positivi, come l’alto fattore di conversione, la resistenza alle malattie, la potenzialità riproduttiva, ecc. Nel corso del 2005, infatti, sarà attivato il sottoprogetto “Miglioramento genetico per il Cherax destructor” sotto la supervisione di Marina Paolucci dell’Università del Sannio di Benevento. L’obiettivo è quello di selezionare gli individui con le migliori caratteristiche produttive allo scopo di evitare un problema tipico degli allevamenti intensivi, cioè l’impoverimento del patrimonio genetico, con la progressiva perdita di caratteristiche importanti, causato dai frequenti incroci tra consanguinei. Dirigente dell’Assessorato Agricoltura, Servizio IX Responsabile della filiera Acquacoltura rschifani@regione.sicilia.it