Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
15/07/2010
Quando si parla di cose di altri tempi, ritorna in mente l’immagine di noi ragazzini avvinghiati tra le braccia dei nostri nonni. Lenti, pazienti, premurosi, pieni di saggezza, capaci, con un solo proverbio, di lenire ogni nostra piccola o grande amarezza, o dare il giusto consiglio. Ed è ai vecchi che vengono associati gli indimenticabili frutti di sorbo, prodotti che hanno perso la loro “notorietà” in quanto maturano lentamente. Inizialmente aciduli, poi dolciastri, ed infine, a piena maturità - merito dell’attesa – il sapore dolce della maturazione. Questo frutto è l’incarnazione della mitezza, del giusto tempo, della lenta e continua trasformazione. In una società della terziarizzazione, dove il denaro detta i tempi della vita, parlare di sorbe e tempi di attesa, sembra anacronistico. Anche perché, lo slogan, di grandi e piccini è - tutto e subito – Purtroppo, per questo frutto, non è così. Occorre tempo e calma per la sua maturazione. Sarà per questo che è stato dimenticato. Sono in pochi a conoscerla, eppure, un tempo, la sorba era molto comune tra pastori e contadini. L’albero, Sorbus domestica, questo è il suo nome scientifico, lo si trova nei boschi e nelle radure, custodito, come un antico tesoro, da alberi secolari d’alta taglia, anche se, questa pianta in altezza può raggiungere 20 mt. Ha un portamento con il tronco diritto, con rami espansi e ascendenti, mentre la chioma è rada e globosa. La scorza del tronco è bruno arancio, squamosa e scabra, mentre le foglie, sono caduche, composte, imparipennate con 13-21 foglioline ovali a base arrotondata e margini dentati. I fiori, ermafroditi, presentano un colore biancastro, riuniti in corimbi cupoliformi. All’inizio dell’autunno sono sostituiti da pomi di forma tondeggiante o piriforme. Le sorbe diventano commestibili solo quando sono molto mature. Ne esistono diverse varietà: c’è la “sorba-mela” rossa, grossa, meno aspra delle altre; quella “a pera” o “a zucchetta”, di colore bianco o rosso pallido. Si raccoglie in settembre – ottobre. Per l' uso alimentare si dispongono su uno strato di paglia ad ammezzire: dopo alcune settimane assumono un colore bruno e divengono commestibili. Il legno di colore rosso scuro, pesante, duro è usato in agricoltura per la costruzione di utensili, pali, paletti, ecc., ed è anche ricercato dai tornitori e dagli incisori per opere di pregio. Plinio, nella sua opera “Naturalis Historia”, riferisce che: “alcune di esse sono tonde come mele; alcune aguzze come pere, altre ovate come son certe mele, queste rinforzano tosto. Le tonde sono più odorose e più delicate che le altre. L’altre hanno sapore di vino”. Columella, nel suo “De re rustica” dà consigli sulla piantagione: “...le sorbe...piantale dopo la metà dell’inverno fino a metà febbraio”, sul modo di conservarle “raccoglile a mano con diligenza e mettile in piccoli orci spalmati di pece. Alcuni conservano molto bene il frutto nel vino passito o nel vino cotto, aggiungendovi una specie di tappo di finocchio secco dal quale le sorbe siano tenute bene in fondo”. I Romani apprezzavano la tenerezza e la dolcezza della sorba, soprattutto nella preparazione di liquori. Ce ne parla Virgilio nelle “Georgiche” dov’è illustrata l’usanza di far fermentare questo frutto col grano, ottenendo la “cerevesia”, una bevanda alcolica simile al sidro. Apicio raccomanda un piatto caldo e freddo con le sorbe. “Prendi delle sorbe, puliscile, pestale nel mortaio e passale alla staccio. Snerva 4 cervella scottate, mettile nel mortaio con una decina di grani di pepe, bagna di salsa e pesta. Aggiungi le sorbe e amalgama, rompi 8 uova, aggiungi una tazza di Salsa. Ungi una padella pulita e mettila sulla brace calda sopra e sotto. Quando sarà cotta cospargi di pepe tritato fine e servi”. In Europa fu introdotto nel Medioevo. La sorba, in dialetto zorba o sorva è legata ad espressioni dialettali tipicamente siciliane. Nelle leggende popolari la sorba matura è considerata un portafortuna. Tutto merito delle sue intense e brillanti sfumature rosse che si credeva avessero la magica virtù di allontanare povertà e miseria. E ancora oggi i boschi di sorbo sono ritenuti propizi per la caccia, perché riserva di abbondante selvaggina. Un vecchio detto ricorda: “cu lu tempu e cu la pagghia maturano li zorbi” (col tempo e con la paglia maturano le sorbe), volendo con ciò indicare che certe decisioni hanno bisogno di tempo per “maturare”. Hanno bisogno di un periodo di conservazione in luogo fresco. Dopo l’ammezzimento, assumono un profumo, un gusto ed un sapore piacevole, misto tra l'acidulo e lo zuccherino. Il colto ed intrigante Alexander Dumas, consigliava di mangiarle – quando raggiungono una condizione intermedia tra la putrefazione e la maturazione, stato che chiamava - di mezzo -. Egli invitava, inoltre, a maturazione completata, di – preparare un sidro che è molto rinfrescante - . E’ anche in uso, quando le nostre donne stanno facendo qualche pesante faccenda domestica, e le si interrompe chiedendo, cosa c’è da mangiare, queste rispondono con l’espressione "Zorbi salati" (per dire che in casa c’è poco o nulla da mangiare). Quando invece, in altre occasioni, si risponde “sti zorbi”, l’esclamazione va riferita ai testicoli maschili. State attenti a non consumare le bacche di sorba quando non sono perfettamente mature; in questo caso, infatti, gli zuccheri possono trasformarsi in alcool, provocando una certa euforia in chi ne fa uso. Stefano Giacchino, cultore del mondo forestale, sostiene che “La sorba può essere conservata in due modi: o lasciandola ammorbidire per qualche tempo su un letto di paglia o "alla sicana" (incastrati in un rametto di salicone o di salice in modo da formare un grosso grappolo)”. Inoltre, fa menzione di un ecotipo di sorba, presente nei monti Sicani, detta "natalina”, leggermente più grossa della varietà comune è di colore rosso, così chiamata poiché giunge a maturazione nel periodo natalizio”. Questo frutto ha delle proprietà veramente eccezionali. Il medico greco Galeno, le consigliava come rimedio contro la dissenteria, infatti, sono diuretiche, astringenti, antinfiammatorie, lenitive, in questo caso, è consigliabile utilizzare frutti ancora più acerbi. Questa sua capacità medicinale deriva dal fatto che possiedono dei principi attivi, sostanze peptiniche e tanniniche, acidi organici (specialmente acido sorbico, malico, citrico e tartarico), sorbitolo (o sorbite). Con le sorbe si possono ottenere ottime marmellate e, previa fermentazione, anche bevande alcoliche. Per prolungare la loro disponibilità, le sorbe possono essere essiccate. La polpa dei frutti maturi può essere utilizzata per fare ottime maschere detergenti, tonificanti e riacidificanti per pelli precocemente invecchiate, astringenti e lenitive sulle pelli irritabili. In campagna ”non si butta mai niente”. Infatti, le foglie e la corteccia di questa pianta, in considerazione del loro elevato contenuto in tannino, venivano impiegate nella concia delle pelli. Come astringente intestinale, i frutti dopo averli essiccati, viene preparato un decotto (5 grammi in 100 ml di acqua). Si consiglia il consumo di una o due tazzine al giorno. Mentre, utilizzando il succo dei frutti freschi la posologia è 50-80 grammi al giorno. Lo stesso decotto può essere utilizzato come detergente e astringente sulla cute, facendo lavaggi sulle zone interessate. Maschere di bellezza possono essere fatte con polpa di sorbe ben mature setacciate, commiste a farina, quale blando astringente e turgescente per i visi precocemente invecchiati e con piccole rughe inestetiche. In erboristeria il frutto viene ad oggi utilizzato per le sue proprietà regolatrici della circolazione venosa. Forse i vecchi hanno ragione, le cose buone lo diventano con l’attesa, lasciando che il tempo le maturi e li trasformi, come l’insegnamento di questo piccolo frutto, che ci richiama il proverbio: “cu lu tempu e cu la pagghia maturano li zorbi”. LIQUORE DI SORBE (SORBOLINO) 300 g di sorbe, 300 g di zucchero, 0,3 l di acqua, 0,3 l di alcool Le sorbe mature sono tagliate in quattro parti e messe a macerare in alcool. Dopo tre settimane, si prepara uno sciroppo con acqua e zucchero. Una volta raffreddato lo si unisce al resto, puntando a ottenere una gradazione di 40° circa. Il composto deve essere fatto maturare per una settimana, poi si filtra con carta apposita e si fa riposare per un paio di mesi.
Mario e Giuseppe Liberto