Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
25/09/2007
Vengo da una bella esperienza in quel di Gambellara per il Gambellara Wine Festival. Una verticale di 10 annate di Recioto fino al 1988. Ho potuto conoscere più a fondo questa piccola ma antica DOC italiana che ha progetti ambiziosi per il futuro, tra tutti la DOCG per il suo recioto. Ma Gambellara è anche terra di contraddizioni da un punto di vista di interpretazione enologica dei vini. Qui le anime si dividono in produttori che vinificano in ossidazione e chi invece crede nella valorizzazione del vitigno attraverso processi enologici in riduzione. Per non essere troppo difficili: nel primo caso i vini sono sottoposti a affinamenti prolungati in legno grande o piccolo o tutti e due, nel secondo caso invece tutte le lavorazioni sono eseguite in acciaio e a basse temperature per conservare al massimo profumi e aromi. In pratica bevendo i primi si esaltano le sensazioni tostate e vanigliate dei legni, nei secondi si esaltano le potenzialità del frutto. È un dilemma che attanaglia da sempre i consumatori e gli attori della filiera vitivinicola. Gambellara vuol dire Garganega. Il vitigno bianco per eccellenza delle colline tra Verona e Vicenza. Di là Soave di qua Gambellara appunto. Ma sembra che una collina di confine voglia dire molto di più di quello che ci si può aspettare. Il terroir per prima cosa è massicciamente segnato dalle rocce vulcaniche che qui a Gambellara caratterizzano e colorano di scuro i paesaggi. Piccoli appezzamenti di viti in zone talvolta aspre ma straordinariamente adatte alla coltivazione della vite. Qui la viticoltura ha storicità e tradizioni fortissime. Qui il vino dolce è sempre stato chiamato Vin Santo proprio per le sue doti curative. Oggi esiste ancora ma trova difficile definizione in quanto il Recioto ne ha snaturato e confuso l’identità. Ma Consorzio e produttori stanno lavorando alacremente per trovare una collocazione che riporti tale prezioso prodotto ad una appropriata dignità. A Gambellara convivono tutte le caratteristiche fondamentali, pedologiche e climatiche, per poter ottenere ottimi vini bianchi da uva Garganega. Storia, cultura e tradizione vitivinicola tra le più antiche del Veneto. Qui la tradizione enologica è ancorata ancora alla propria storia. Ha sviluppato innovazione con molta lentezza e solo da parte di alcuni produttori che oggi si stanno garantendo quote di mercato sempre più meritate. E sono quelli che stanno vinificando in riduzione. Insomma quello che è difficile da capire è come sia difficile da queste parti passare a concepire il territorio e il vitigno anche nel bicchiere. C’è un aspetto di omologazione dei vini prodotti in ossidazione che toglie identità e appartenenza al territorio che qui invece potrebbe essere un marchio indelebile. Effetto terroir che non può essere vanificato da pratiche antiche e che un tempo servivano per stabilizzare il vino ed evitare che andasse a male in poco tempo. Oggi la tecnologia permette di andare all’essenza del vitigno, dell’uva e del terroir d’origine. E a mio avviso chi produce così non si sottrae all’obbligo della tradizione ma esalta le specificità di un territorio d’origine. Le nuove generazioni stanno cercando di offrire una nuova identità al Gambellara DOC e c’è da dire che stanno ottenendo risultati molto importanti e significativi che convincono il pubblico e la critica. Sarà la fortuna della DOC e si spera che tale scelta e innovazione convinca anche i produttori più incalliti a perdere di vista pratiche obsolete che oggi sono poco capite dal pubblico e dal consumatore. È vero che ogni produttore ha una sua clientela affezionata e che se a loro i vini piacciono non c’è motivo di cambiare. Ma questo limita la DOC e la chiude ancor più in se stessa. Purtroppo non aiuta che invece intende impegnarsi seriamente in un prodotto di struttura, fresco e fruttato, minerale e tipicamente Garganego come si chiama da queste parti l’uva Garganega. E’ bello sentire la grafite dei basalti colonnari entro cui penetrano le radici per trovare il conforto dell’umidità e della sopravvivenza. È bello sentire le sensazioni agrumate e drupacee di pesca e albicocca o susina bianca che emergono mescolate a sensazioni di frutti tropicali e di erbe aromatiche. Sono vini da vulcani spenti e quindi si portano una storia e una gamma aromatica olfattiva di pregio che deve essere esaltata. Sono vini unici che hanno la dote del terroir. Mescolare queste straordinarie doti organolettiche con vaniglia, tostatura e sensazioni fumè di affinamento significa omologare piuttosto cheselezionare. E qui a Gambellara invece c’è molto da differenziare. E c’è una Garganega di ottima qualità da far cogliere in tutta la forza espressiva. Ma di sicuro si tratta di una realtà da tenere sotto osservazione e soprattutto da studiare e visitare per capirne sempre più dinamiche di pensiero che la differenziano e la rendono unica. Perciò ogni tanto presenterò qualche degustazione dei vini a base Garganega perché se ne parli e per avvicinarvi a un mondo bianchista troppe volte scansato a priori. Bernardo Pasquali