Saperi e sapori

La Busacchinara. Di Giuseppe e Mario Liberto.

18/12/2007

 La Busacchinara. Il nome “busacchinara” non è riferita ad una bella donzella del comune di Bisacquino, ma ad una suadente cipolla che da qualche anno sta acquisendo nuovi estimatori. Alla “regina della tavola”, ogni estate i bisacquinesi dedicano una suntuosa sagra giunta alla IV edizione. Il seducente odore di questo prelibato ortaggio, la vigilia della festa della Madonna del Balzo, ha riempito ogni angolo della cittadina dei monti Sicani. Questa nobile ortiva è stata, per le sue virtù terapeutiche, esaltata in tutti i tempi. Il suo nome botanico, Allium Cepa, non ci dice molto, eppure è un elemento fondamentale della nostra cucina. La Sicilia dispone di un ampio patrimonio di popolazioni locali prodotti prevalentemente per la produzione di bulbi da serbo. Le cultivar vengono classificate in base alla forma, (allungate o a fuso ed ovali, a trottola, sferiche, subsferiche e piatte), al colore delle scaglie (bianche, gialle rosse, e viola di varia intensità), al periodo di coltivazione e alla destinazione del prodotto. La cipolla di Bisacquino è una varietà molto grossa schiacciata ai poli, dalla tunica rossastra, dolcissima al gusto, molto aromatica, dalla consistenza morbida e carnosa. Il bulbo può supera abbondantemente il chilogrammo. L’areale di produzione è il territorio di Bisacquino (Pa) e i territori limitrofi. Si presume che l'origine di questo ortaggio sia l'Asia occidentale. La mitologia racconta che durante la guerra degli dei contro Giove, i vinti, inseguiti fino all'estrema punta del continente, vedendo che mancava loro la terra per andare più lontano, si siano trasformati in cipolle per fuggire la collera di Giove. Nasceva così il mito delle cipolle. Le sue origini, allo stato selvatico, si perdono nella notte dei tempi. I primi veri campi coltivati furono realizzati dai Caldei. Introdotta in Egitto, all'epoca delle prime Dinastie, si circondò di una grande considerazione tanto di tributargli onori riservati agli immortali. Erodoto fa cenno di una lapide della grande piramide di Cheope, fatta costruire dal re faraone della IV dinastia (4500 a. C.) dove fu incisa la somma di 1600 talenti dì argento con la specifica: “per acquistare cipolle, agli e ravanelli per il mantenimento degli operai addetti alla costruzione”. Riconoscimento analogo trovò in Israele. I Romani la consumarono discretamente, onore che riservarono, viceversa all’aglio, ritenuto di grande vigore per l'organismo. Nelle ricette di Apicio, così come nei ricettari del Rinascimento, la cipolla ha una grande considerazione. In molte regioni era ritenuta merce di pregio ed utilizzata per i cambi merce. In Sicilia arrivò con i fenici, la sua massima utilizzazione si affermò con gli ebrei, tanto da rimanere proverbiale il suo odore insieme all’aglio, che espandeva dalle giudecche. Non è azzardato avanzare l’ipotesi che la coltivazione della cipolla in Bisacquino possa essere collegata alla presenza ebrea nello stesso comune. In occasione della “sagra” la cittadina bisacquinese è stata presa d’assalto. Circa cinquemila visitatori si sono riversati nella suggestiva piazza principale. Una bella soddisfazione per tutta l’Amministrazione nuova di zecca. Il neo sindaco Filippo Contorno, (nella foto) orgogliosamente mostra una meravigliosa cipolla - simbolo della Bisacquino rurale, fatta di gente laboriosa e tenace. Cipolle grandi e dolci come il cuore della sua popolazione. Un amministrazione come dice il primo cittadino – che vuole spendersi per puntare ad uno sviluppo locale autopropulsivo promuovendo tutte le peculiarità territoriali di cui la nobile cittadina vanta da secoli. Valorizzazione di ciò che si è consolidato nel tempo. Le ortive, le produzioni casearie, la ceramica, il ferro battuto, i coltelli, i ricami, elementi da offrire ad un nuovo turismo identitario fatto di identità e originalità. Testimonianze forti, che conservate all’interno del museo civico, sono ancora vive e ci richiamano quella ruralità ritenuta prematuramente morta, e che oggi, si è presa la rivincita diventando elemento di sviluppo. Gli estimatori delle cipolle hanno tenuto d’occhio i vari stends pronti ad intervenire al primo segnale dell’inizio delle degustazione. La cipolla è stata presentata in modi differenti: dall’insalata, da consumare con il pane, fritta con l’uovo da stendere nella focaccia. Persino è stata esibita come confettura. Il sapore è ottimo, entusiasmante, soprattutto abbinato all’ottimo vino prodotto nel territorio di Tarucco dall’azienda Geraci, qualche chilometro a nord del paese e di cui ha preso il nome. Vini eccezionali: bianchi e rossi. Prendono i nomi degli antichi notabili del territorio. Un modo nuovo per raccontare, bevendo, la storia locale. E poi ancora profumi, sapori e suoni che si confondono tra le grida di euforia dei visitatori, che carichi di sacchetti di iuta piene di cipolle si perdono tra le diecine di stradine che confluiscono nel piccolo catino: “’a chiazza”. Un alveare di strade e case, di case e strade. Salite, discese, discese e salite. Archi, vicoli e cortili. Così è Bisacquino, come l’ha voluto il suo edificatore: i musulmani, uno stile che sapientemente si conserva, grazie all’intelligenza dei suoi amministratori che negli anni si sono succeduti. C’è sempre qualcuno che vanta le antiche origini elime. Pare infatti, che una colonia troiana possa avere trovato rifugio tra le alture del monte Triona. Una montagna che è stata consacrata ‘a Madonna du Vazu”, Madonna del Balzo, una singolare magnificenza religiosa, meta di numerosi pellegrini, fatta ergere in seguito ad un prodigioso miracolo. Il tempo è scandito da un meraviglioso orologio della famiglia Scibetta, vanto dell’artigianeria locale. Precisi, puntuali, scoccano le ore con inconfondibili ed intonati suoni. Un singolarissimo museo dell’orologio, forse l’unico in Italia, mostra le attrezzature, le tecniche, i materiali utilizzati dalle due generazioni della famiglia orologiaia, orgoglio della cittadina sicana. Tutto da vedere, insieme ad un meraviglioso museo civico. Le chiese sono una grande testimonianza artistica di una comunità che ha sempre ha avuto un rapporto privilegiato con Dio. Per secoli è stata sotto la giurisdizione della Diocesi di Monreale e forse questo ha favorito la consacrazione di numerosi prelati, anche in odore di santità. La cipolla si è presa una bella rivincita: da alimento considerato cibo povero, basta ricordare il detto: “Magiari pani e cipudda” (Mangiare pane e cipolla), per indicare ristrettezza economica, ed anche “Ci nni voli cipudda pi fari chianciri!” (Ce ne vuole cipolla per fare piangere!), ad onorarla con tutta la magnificenza come si trattasse di una grande star. La cipolla è buona per condire ma lo è anche per le sue capacità terapeutiche. Recentemente uno studio ha dimostrato come la quercetina, sostanza presente nell’Allium Cepa, è in grado di bloccare il diffondersi delle cellule tumorali. La stessa sostanza si trova anche nel vino rosso e nel tè. I ricercatori hanno dimostrato che essa è utile perfino a chi si sta sottoponendo alla chemioterapia, una cura per combattere i tumori. Questa sostanza naturale potenzierebbe l'azione di alcuni farmaci, usati soprattutto per la cura delle leucemie e dei linfomi, tumori del sangue e del sistema linfatico. La cipolla ha proprietà anche come espettorante, diuretico, depurativo, vermifugo, ipoglicemizzante, combatte l'ipertensione, la senescenza, l'arteriosclerosi e le affezioni all'apparato urinario. Come cosmetico, in uso esterno, la cipolla stimola la crescita dei capelli, ammorbidisce e rende più bella la pelle, purificandola da foruncoli e acne Consumata cruda, in insalate unita ad altri ortaggi, ingrediente indispensabile di quasi tutti gli intingoli, stufati, lessi, salse e ripieni. Si accosta indifferentemente a carne o pesce o ad altre verdure. Cotta dà vita ad innumerevoli specialità: cipolla ripiena, al forno, arrostita, grigliata. La cipolla entra in diversi piatti (in genere tagliata sottile e soffritta, come aromatizzante), ma anche nei sottaceti. Famosa è la cipolla soffritta in agrodolce, pietanza tanto cara a Federico II, lo Stupor mundi. In Sicilia sono anche note le cipolle di Giarratana, Castronovo di Sicilia, e Barrafranca. Cipolla da mangiare, da insaporire, come medicinale ed anche come cosmetico, insomma, cipolla regina della cucina, che ci accompagna in tutti i momenti della vita. Di Giuseppe e Mario Liberto