Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
21/12/2007
Oggi è facile dire che il Durello è trandy. Oggi è facile ammettere con una sorta di snobismo, l'avevamo detto anche noi! Ma realmente in quanti hanno veramente creduto solo 10 ani fa che il Durello potesse veramente diventare il fenomeno che è attualmente? Onestamente, ricordo più i sorrisini e gli sfottò di molti quando si parlava di Durello. Personalmente invece ho sempre creduto che potesse diventare l'alternativa occidentale alle bollicine orientali della Serenissima. Non tanto per quantità ma soprattutto per la qualità e l'originalità del prodotto. È certo che la grossa sfida qui è stata vinta da pochi produttori che ci hanno creduto sin dall'inizio e da un Consorzio che ha sfoggiato la più sagace azione silenziosa ma costante di penetrazione dei mercati. Personalmente credo anche che la grande versatilità e furbizia di Aldo Lorenzoni, pluridirettore delle DOC orientali veronesi, abbia fatto la differenza. Non è piacioneria la mia...ma sfido chiunque a dire il contrario! Oggi la Cantina dei Colli Vicentini afferma di aver raggiunto le 100.000 bottiglie. Inizialmente era partita con 10.000 e che fatica venderle tutte. Ma i numeri sono incredibili. Oggi le bottiglie prodotte sono circa 500.000 di cui 40.000 spumantizzate con Metodo Classico. Andrea Bottaro, Presidente del Consorzio, afferma con imbarazzo misto a gioia, l'emergenza che stanno vivendo molte aziende in quanto non sono in grado di soddisfare le richieste sempre più emergenti. Ma quali possono essere i fattori di crescita di questo prodotto? Fattore Qualità. Si è fatto molto. Ricordo quando nelle prime degustazione che conducevo alcuni anni fa mi divertivo a portare sempre con me il Durello come forma di autoctonia estrema delle nostre terre veronesi per far cogliere la straordinaria espressione di un vitigno antico e per troppo tempo sottovalutato. Lo ricordo Charmat soprattutto. Il mio primo è stato il Durello I Fossili della Cantina di Montecchia. Lo ricordo fresco e citrino con un livello di acidità che era ancora troppo incidente. Sfacciatamente "spumante" nel senso di una bollicina fragile che portava a sensazioni al palato di aggressività della CO2. Ma la sua natura "rustica" emergeva già, la sua territorialità pure. Da quegli albori si è incentivato il Metodo Classico come sistema di attenuazione della forza acida e strutturale delle basi ferme. La lunga permanenza sui lieviti,almeno 24 mesi, permetteva un ingentilimento del prodotto con nouance fragranti che in qualche modo complessavano la prominente accezione citrina del vino. Ma c'è qualcuno che da sempre lo ha vinificato in bottiglia come ad esempio l'ing. Cecchin di Agugliana, strenuo difensore e mentore delle bollicine d'altura a base Durella. Oggi la qualità media è migliorata molto. Percepibile soprattutto negli Charmat, con permanenze sui lieviti in vasca più prolungate per attenuare l'aggressività delle bollicine e cercare sempre più freschezza e finezza. Aziende sono nate nel frattempo e si sono dedicate al metodo Champenoise o Classico. Oggi la qualità di quest'ultimo prodotto è certamente mediamente di buon livello e si prospetta un futuro di grande evoluzione per questi vini. Fattore Terroir. Se si guarda con occhi attenti l'areale morfologico e geografico del Durello si può capire il vino. La sua anima e il suo linguaggio. Vini schietti per territori che esaltano le rocce nere basaltiche immerse in una vegetazione ancora in un certo senso primordiale, dove si contrastano i colonnari neri e le spaccature argillose rosse. Dove i corbezzoli selvatici fioriscono e fruttificano. Dove olivi di nuova generazione si fanno largo tra il verde ancestrale delle colline e degli anfratti. Qui ha trovato dimora quest'uva coriacea. Ma non poteva essere altrimenti. La mescolanza dei suoli rende ancor più intrigante l'effusione di profumi e carattere dei vini. E conquista il degustatore attento. Non è un vino omologabile il Durello e questo grazie al suo terroir. Fattore Umanità: c'è un sottile ma facilmente percettibile, filo conduttore che accomuna le genti di queste terre. È il coraggio, l'orgoglio e la tenacia. Il non mollare mai! E poi la condivisione delle sfide, consapevoli di appartenere ad un lembo di terra unico e irripetibile. Lo leggi negli occhi dei giovani produttori che hanno deciso di prendere per mano il Durello sfidando i sorrisini prima citati e le pregiudiziali di cronisti e pseudo appassionati poco attenti all'essenza e pilotati dall'omologazione. Lo leggi nelle mani incallite dei padri che hanno creduto in quell'uva cagnina e rabiosa che si vedevano portare via per arricchire e impreziosire vini stranieri, come ad esempio i sekt tedeschi. Oggi la loro silenziosa fierezza è palpabile e decisamente meritata. Fattore Consorzio: è una vittoria di sistema che include tutti gli attori di filiera. Sarebbe però ingiusto ammettere che la sapienza e la creatività, nonché la fermezza e un po' di cocciutaggine, sono stati ingredienti base attraverso i quali gli uomini del Consorzio hanno saputo orientare le produzioni, scegliere canali di attenzione sul prodotto sempre adeguate e soprattutto esserci sempre. Ho partecipato anch'io alla presentazione di un Durello Metodo Classico di Corte Moschina durante l'Anteprima Opera della Carmen. E poi lo slogan "L'Aperitivo di Verona" che ha sin da subito messo in evidenza tutto l'attaccamento alle radici di provenienza ma allo stesso tempo ha scelto i consumatori più sensibili. Un successo che è partito dal di dentro delle terre scaligere veronesi prima e poi anche vicentine. Fattore Autoctono. E' un fatto riconosciuto che negli ultimi 20 anni da quando è nata la denominazione siano decisamente cambiati i canoni di approccio al vino da parte del consumatore. C'è molta più ricerca, molta più identificazione con tutto il mondo che ruota attorno ad un vino. Il vino è diventato quasi una ricerca di un senso di appartenenza. Ed ecco i successi di vitigni autoctoni riscoperti come il Durello, peraltro in versione spumantizzata. Da coordinatore Regionale della Guida Vini Buoni d'Italia che interpreta solo vini da vitigni autoctoni è facile capire il successo del Durello. È un vino riconoscibile, un vino identificabile, unico nel suo genere, oggi anche sempre più facilmente reperibile sul mercato. Il successo anche della Guida testimonia la grande voglia del consumatore di andare oltre gli Chardonnay. Fattore Sviluppo. È la conoscenza sempre più approfondita dei territori su cui sono piantate le vigne che farà ancor più la differenza per questo prodotto. E' vero che la tecnologia spumantistica toglie un po' dell'identificabilità da terroir ma forse questo vale per le uve più anonime e neutre. Il Durello è tutt'altro che neutro e la sua potenza espressiva non viene annullata dalla tecnologia. Quest'ultima però, mediata da un gruppo di produttori, enologi ed enotecnici sempre più preparati e specializzati, saprà sempre più valorizzare il Durello esaltandone pregi e limitandone le spigolature. Con la pubblicazione del nuovo libro sul Durello presentato a Roncà martedì 18 dicembre si traccia una nuova linea di partenza verso la seconda fase della favola di questo autoctono verace. Bernardo Pasquali info@acinoparlante.it