Saperi e sapori

Zonin: Prosecco diventi una zona «Doc» dell’omonimo vino. Di Stefano Cosma.

15/04/2008

 Proposta del produttore veneto Zonin: Prosecco diventi una zona «Doc» dell’omonimo vino Parte dal Veneto, da Gianni Zonin, la proposta di tutelare la produzione del Prosecco creando una vasta zona Doc legata al paesino omonimo del Carso triestino. Una provocazione fatta a «Vinitaly», contro l’utilizzo indiscriminato di marchi e vitigni italiani nel resto del mondo. Come dire: abbiamo già subito le conseguenze delle vicenda Tocai, non facciamoci scippare anche il nome Prosecco, che in questo caso è un toponimo italiano. Le prove storiche sono molte, a cominciare da quanto scritto dal Mattioli nel 1548, sul vino «che nasce in Prosecco non molto lontano dal Timavo » descrivendolo «sottile, chiaro, lucido, proprio di color d'oro, odorifero e al gusto gratissimo». Nel Seicento il Valvasor a parlare del paesino di «Prossegkh»,vicino a Duino, dove si produceva l’eccellente «Prossegker-Wein», detto anche Ribolla. Nel reperimento di fonti certe e documentali ci aiuta la necessità – emersa a Trieste nel 1776 - di censimenti annuali del vino prodotto, che nacque dalla domanda di esenzione dal dazio. Così si scopre che a Trieste e nel suo territorio si producevano «squisiti vini; giacchè questi sogliono fin’ora distinguersi in Vini Comuni (…); come pure in Vini Migliori, con diligenza fatti, sotto nome di Liquor, come Prosecco, ò sia Vino dolce di Trieste anticamente detto Ribolla (…)». Da un altro documento ne scopriamo anche la destinazione: era venduto in Carinzia e nell’attuale Slovenia.Un’ulteriore testimonianza è del medico Musnig: nel 1781 elenca i vini più pregevoli e fra questi il «Prosecco (Praeseco), così detto dal luogo da cui proviene, che per gradevole sapore dolcezza supera ambedue i vini appena ricordati(Ribolla e Cividino, ndr); se ne produce poco ed è bevuto tutto giovane; quindinon dura mai fino al secondo anno di vita». Anche Ignazio Kollmann nel 1807 ci descrive la vinificazione del Prosecco, prodotto nei territori di Prosecco appunto, Santa Croce e Contovello,famoso per la sua bontà: «L’uva di questi vigneti si distingue per la maturazione tardiva, per il colore bruno pallido e per gli acini turgidi e pieni». L’Ottocento è il secolo in cui tale vitigno comincia a essere chiamato anche Glera,che lo storico Pavani definì nelle sue lezioni come Vrtovec nel 1844 scrive «Gljera o Glera; molto frequente a Breg, Prossecco (…). Prosekar e Rebola sono in gran parte prodotti da Glera». Ma le prove più significative sono quelle relative alla «Fiera dei vini» svoltasi a Trieste nel 1888. Fra i vini portati in esposizione e degustazione troviamo il «Vino spumante Prosecco» 1887 di Giovanni Balanc di Prosecco e quello di Giuseppe Klampferer di Grignano; ma anche due «Prosecco bianco» delle annate 1887 e 1886 di Marino Luxa, anche lui di Prosecco. In fondo i produttori di Conegliano-Valdobbiadene non hanno mai fatto mistero che il nome deriverebbe da qui e i vitigni sarebbero arrivati nel Trevigiano verso la metà del ‘700. Il Prosecco, infatti, viene citato per la prima volta in una seduta dell’Accademia agraria di Conegliano nel 17 Ora non resta che attendere la reazione del Consorzio vini Carso e del suo presidente Bole alla proposta di una Doc Prosecco. Stefano Cosma