Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
11/06/2007
Vertigine dei sensi… Credo che l’essenza delle terre selvagge dei luoghi dove sorgono i vigneti della cantina di Marisa Cuomo, emerga nettamente dalle parole del sindaco di Furore. I vigneti estremi Non cercarla qui la ciambella di case raccolte intorno alla piazza. Non la troverai. Furore, il paese che non c'è, il paese non paese, col suo abitato sparso sui fianchi della montagna a strapiombo sul mare, si offre a piccole dosi, si lascia scoprire con civettuola ritrosia. Batterai sentieri e petingoli, stretti fra fazzoletti di terra miracolosamente strappati alla roccia e coltivati con amore antico, quasi con ostinazione. Berrai vini - bianco e rosso - freschi e briosi, "capaci di buttarti dentro tutto il sole e tutta l'allegria che hai sulla pelle". Ammirerai vigne e giardini, terrazzi e pergolati, poggi e tornanti che dirupano a mare. E muri: muri a secco, muri dipinti, muri istoriati. Muri parlanti. Muri d'autore. E chiese, e campanili svettanti e cupole arabeggianti. Una vertigine di panorami immersa in una luce senza suoni, sospesa, irreale e segreta come una favola. Ascolterai il silenzio. Coglierai l'alito dell'universo nella voce lontana del mare. Avvertirai il profumo del mito nel respiro di qualche ninfa innamorata che da sempre abita questi anfratti. Vivrai un'atmosfera sognante e al tempo stesso inquietante, dove ogni sguardo è già emozione e ogni pensiero è già sogno. Raffaele Ferraioli - Sindaco Emozione e sogno per un paesaggio aspro, incantevole, magico e inquietante. Un complesso di sensazioni forti, vertiginose e estreme. Questo il territorio, ma se si penetra il vino emergono queste molteplici percezioni dell’animo. Marisa Cuomo ha rilevato l’Azienda Gran Furor Divina Costiera nel 1980 e lo ha fatto saggiamente con lo scopo di dare dignità e far conoscere i grandi vitigni autoctoni, quasi selvatici, dei dirupi scoscesi e dei terrazzamenti di Furore. Uno dei tre piccoli comuni che rappresentano le sottozone della DOC Amalfi. E il nome nasce proprio dalla asprezza del territorio e dalla sua difficile calpestabilità e vivibilità. Qui la natura ha certamente il sopravvento sull’uomo il quale l’ha rispettata indomita e selvaggia. Da lei è riuscito a trarre conforto dalle viti le quali, spontaneamente prima e piantate in un tempo successivo, hanno offerto uve caratteristiche di buona qualità. Uve che venivano lasciate crescere “maritate” alle piante selvatiche in modo che si alzassero un bel po’ da terra. Così si lasciava lo spazio sotto per la coltivazione di ortaggi semplici ed erbe aromatiche. L’uva era sempre stata utilizzata infatti, non come alimento di sussistenza, ma come merce di scambio commerciale con l’entroterra salernitano. Si racconta altresì che in queste terre difficilmente raggiungibili vi fossero confinati gli esiliati della real casa borbonica. Insomma un luogo che affascina anche per la sua misteriosa storia. I vitigni autoctoni che caratterizzano queste terre e che compongono i vigneti della cantina Marisa Cuomo sono rappresentati da uve bianche come Fenile, Ginestra e Ripoli oltre alle regionali Falangina e Biancolella, inoltre per le uve nere il Per e Palummo o Piedirosso e l’Aglianico. I primi tre sono addirittura da considerarsi quasi selvatici, per la loro unicità. Si trovano infatti solo qui a Furore e sono addirittura franchi di piede. Per questo i vini di Furore sono unici, inimitabili. Li abbiamo assaggiati durante una serata di degustazione organizzata dal Consorzio di tutela dei vini Gambellara e Recioto di Gambellara in cui ho avuto la fortuna di poter guidare la serata. Fortuna per i vini e per la loro rarità. L’azienda ha scelto di farci degustare i bianchi Furore DOC e Furore “Fiorduva”. In entrambe i casi di due annate diverse. Per il Furore bianco, il loro vino “base” aziendale, il 2006 e il 2005; per il Furore bianco Fiorduva il 2005 e il 2004. Bernardo Pasquali