Itinerari e turismo enogastronomico

Alla scoperta della Barbagia Mandrolisai.

di Angelo Concas e Renato Troffa

10/03/2007

Vacanze enogastronomiche nel cuore della Sardegna Alla scoperta della Barbagia Mandrolisai attraverso un’escursione intorno al maestoso massiccio del Texile. Di Angelo Concas e Renato Troffa E’nel cuore dell’isola, dove il territorio si mantiene integro e lo scorrere del tempo non ha dato spazio ad alterazioni del patrimonio archeologico e naturale, che si può apprezzare il maestoso fascino del Texile di Aritzo, che con i suoi 975 metri e la sua struttura calcarea richiama gli elementi caratteristici delle vette dolomitiche, dominando i tredici paesi che compongono la comunità montana di “Barbagia Mandrolisai”. Dopo esserci goduti l’affascinate vista del Texile, uno dei più spettacolari torrioni dell’intera Sardegna, le cui particolare caratteristiche geologiche hanno portato, nel 1993,al riconoscimento dello status di “Riserva Naturale regionale”, possiamo proseguire il nostro viaggio scendendo verso i comuni che lo circondano, alla scoperta dei piaceri enogastronomici che questa zona offre, stuzzicati dall’appetito scaturitoci dall’aria salubre e dalla passeggiata attraverso uno dei paesaggi più verdi che si possono incontrare nell’isola. Con negli occhi ancora i colori e lo spettacolo del maestoso tacco del Texile, entriamo in Aritzo, raggiungendo il vecchio centro nel quale sopravvivono ancora i resti delle domos de nie, le “case della neve”. E’ proprio con la neve che gli aritzesi preparavano sa Carapigna, tipico sorbetto ottenuto dai succhi degli agrumi, che venivano amalgamati e gelati utilizzando un particolare utensile da loro creato, avente la sembianza di una pentola divisa in due settori, nel più esterno dei quali trovava dimora la neve fresca, mentre nel settore centrale avveniva la preparazione del sorbetto. Tradizione antica che rischiava di scomparire e che oggi viene mantenuta viva, soprattutto in occasione di fiere e sagre, tanto da aver portato i fabbricanti di sorbetto di Aritzo a far conoscere questa antica arte in giro per il mondo. L’ultima domenica di ottobre, un importante appuntamento per Aritzo è la “sagra delle castagne”, in omaggio a questi frutti che, come le nocciole, le noci e le mandorle, crescono saporite e in abbondanza in questa zona della Barbagia. Vi consigliamo di percorrere i due chilometri che separano Aritzo dalla vicina Belvi, nei primi giorni d’estate, periodo nel quale in questo paese della Barbagia ha luogo la sagra delle ciliegie, in omaggio a una maturazione tardiva dovuta al clima particolare del territorio, per poter assaporare questi preziosi frutti che in questa zona hanno la particolarità di essere di piccolo calibro, ma dolcissimi ed estremamente gustosi. Se invece non doveste avere questa fortuna, potrete comunque consolarvi con le famose Caschettes, dolci dalla caratteristica forma a spirale merlettata, ottenuti con una sottilissima e quasi trasparente sfoglia molto friabile ripiena di un impasto di miele e nocciole. Salendo verso le curve che portano ai mille metri di Desulo possiamo prepararci a gustare i prodotti che, nei primi giorni di novembre, vengono valorizzati con una fiera denominata, appunto, “la montagna produce”: i funghi porcini, le noci e le castagne, il torrone, per concludere con le tipiche e saporitissime salsicce secche di Desulo, più sottili e più lunghe che nel resto della zona, e con i particolari prosciutti che acquistano il loro sapore in virtù di una sana e naturale alimentazione dei suini. Se le precedenti soste non hanno ancora saziato il nostro appetito, possiamo continuare il viaggio dirigendoci verso Tonara, considerata, a ragione, la “patria del Torrone”. Infatti i tonaresi, che condividono questa tradizione con gli abitanti di Desulo e Aritzo, sono maestri nella produzione di quello che è considerato il dolce tipico delle sagre paesane in Sardegna, ottenuto dalla lavorazione di miele, il cui intenso aroma è alla base della bontà del torrone di Tonara, di frutta secca (in particolare mandorle, ma anche noci e nocciole) e bianco d’uovo. Possiamo riconoscere il torrone sardo dagli altri torroni d’Italia grazie alla sua morbidezza, dovuta alla particolare, faticosa e attenta preparazione. Vi consigliamo però di soffermarvi su uno degli ingredienti in particolare, il miele. La ricchezza della vegetazione favorisce infatti la diffusione di diverse varietà di miele, come quello di castagno, di agrumi, di asfodelo, di cardo, di millefiori e in particolare il miele amaro di corbezzolo, con il suo sapore inconfondibile, intenso e balsamico che lo rende particolarmente adatto non solo alla degustazione, ma soprattutto a ricoprire il pecorino fuso e le Seadas, sfoglie circolari di pasta ripiene di pecorino fresco leggermente acidulo aromatizzato con scorza di limone, fritte di norma in olio extravergine di oliva fruttato leggero. Nel continuare il nostro giro intorno al Texile, dopo esserci rifatti gli occhi con le ricchezze archeologiche di Teti, e prima di tuffarci nelle meraviglie naturali di Ovodda, dove, se avrete la ventura di trascorrere il carnevale, potrete apprezzare l’offerta di salsicce, formaggi e frittelle, è d’obbligo soffermarsi a gustare sa pane ‘e manna, dolce a base di farina, miele e nocciole. Dopo avere goduto della vista dei castagneti di Austis e avere attraversato la storia passando a Sorgono, località che ha fatto innamorare D. H. Lawrence, attualmente sede della Cantina sociale di Mandrolisai, alla quale tutta la zona del Mandrolisai conferisce le uve per produrre eccelsi e noti vini, ed avere attraversato il territorio ricco di vigneti che porta verso Ortueri, arriviamo in vista di Atzara, calamida de tottus sos pintores, calamita dei pittori, attratti dalla particolarissima luce, paragonata da Scheurlen, pittore della “scuola di Atzara” a quella dell’isola di Ceylon. Atzara è paese ricco di tradizioni artistiche, dove non mancano le soddisfazioni per la gola. Tra gli altri piatti, possiamo gustare in particolare su Urtau, caratteristico insaccato consumato fresco, dall’inconfondibile consistenza e dal tipico sapore. Dopo pochi chilometri arriviamo a Meana Sardo, paese che, a giustificare la definizione del Mandrolisai come “cuore della Sardegna”, era considerato dai romani la Meridiana, il centro, l’isola. A Meana, oltre a degustare i tipici formaggi prodotti nel caseificio locale, che conservano i sapori e i metodi della tradizione casearia della Barbagia, possiamo apprezzare l’uso che di questi formaggi viene fatto in cucina, in particolare nella preparazione de su Succu, piatto tipico del periodo pasquale, nel quale una sottilissima pasta all’uovo, fatta in casa viene amalgamata con pecorino fresco leggermente acidulo, pecorino sardo, strutto e pepe, prima di essere messa in forno e presentarsi parecchio invitante con uno strato dorato e croccante in superficie. Prima di lasciare Meana Sarda, vi consigliamo di assaggiare il particolare Pane ‘e Saba prodotto in paese, Il tipico dolce ottenuto dalla farina di grano duro chiamata zicchi, utilizzata in un impasto di noci, nocciole, uva passa, scorza candita di arance e semi d’anice con l’aggiunta di spezie, zucchero caramellato e del mosto di vino cotto sapa, ha qui un sapore ed una consistenza differenti rispetto al resto dell’isola, e si presenta a forma di pagnotta color testa di moro, guarnito in superficie con mandorle e foglie di alloro. A questo punto possiamo lasciarci alle spalle Meana Sardo e ritornare in direzione del Texile, per poi ridiscendere in direzione di Gadoni, il centro più meridionale della Barbagia, dove possiamo alternare la degustazione di prodotti tipici della zona con l’esplorazione delle ricchezza boschive e naturali. Abbiamo finito la nostra passeggiata intorno al monumento naturale del Texile, ma non abbiamo ancora concluso il nostro viaggio attraverso le ricchezze enogastronomiche della zona. Infatti in tutti i luoghi prima menzionati, troveremo la tradizione culinaria della Barbagia, che si basa sui fantastici e saporitissimi arrosti di carne. Il sapore dell’agnello, del capretto e del maialetto, rigorosamente ancora non svezzati, deriva dal loro essersi nutriti esclusivamente del latte materno, di madre nutritesi al pascolo brado, il che, unito alla cottura a fuoco lento con l’utilizzo di frasche e legni aromatici, conferisce alle carni degli arrosti barbaricini un sapore unico e inconfondibile. Questi, uniti alla ricchezza di selvaggina di questi territori, cinghiali, lepri e pernici su tutti, ci consentono di imbandire una ricca tavolata di carni arrosto o in umido. Non possiamo certamente tralasciare l’importanza dell’accostamento cibo-vino, tanto più in un territorio come questo, particolarmente vocato alla coltura della vite, che in questi terreni di media e alta collina, ha trovato l’habitat ideale per esprimere la ricchezza di aromi che caratterizza i cultivar tradizionali di Muristellu e Cannonau. Da questo uvaggio si ottengono infatti vini rossi di complessa struttura, dai profumi intensi che rammentano il sottobosco e i piccoli frutti rossi che ci hanno inebriato nel nostro viaggio intorno al Texile, e dal gusto secco, caldo, sapido, avvolto in una morbida eleganza. Dagli stessi uvaggi si ottiene uno dei rosati più strutturati della Sardegna, vinificato esclusivamente con uve a bacca rossa e, come i rossi sopra menzionati, si fregia di un affinamento in botti di rovere. Non è un caso che questi vini, diretta conseguenza del territorio nel quale nascono le uve e che si sposano splendidamente con gli squisiti sapori della Barbagia Mandrolisai, vengano prodotti nella Cantina sociale del Mandrolisai che ha sede in Sorgono, considerata la capitale del Mandrolisai, e che abbiano meritato nell’anno 1981, il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata “Mandrolisai Doc”, premiando quindi tutta la zona geografica del Mandrolisai.

Angelo Concas e Renato Troffa