Parliamo di vino

I sapori della Campania e la Falanghina della Cantina del Taburno

di Francesco Rovida

26/11/2008

Una cena con degustazione al Ristorante Gallery di Civitavecchia

Una serata interessante e particolare in cui si sono unite l'abilità di un ristoratore con una grande storia alle spalle (Lucio Capannari, che affiancava Luigi Veronelli e Ave Ninchi nelle primissime trasmissioni gastronomiche della televisione italiana) e un vitigno particolarmente versatile come la Falanghina del Beneventano.
Teatro della serata il Ristorante Gallery di Civitavecchia, piccolo locale con al massimo 25 coperti, pareti come un'antica cantina e colori caldi, arredato con gusto in stile moderno, pesce fresco e cucina a vista. E' il locale gestito dalla famiglia Capannari (Lucio, il padre, con la moglie e i due figli) aperto da circa un anno e già meta ambita dagli amanti della cucina curata e di proposte che partono dalla tradizione ma desiderano rivisitarla, alla ricerca di nuovi sapori.
Al centro della cena la degustazione di quattro diverse tipologie Falanghina, tutte rigorosamente in purezza, che la Cantina sociale del Taburno, consolidata realtà di proprietà del Consorzio agricolo di Benevento, immette sul mercato. E, con questo vitigno e l'abilità di Luigi Moio, non si corre certo il rischio della monotonia.
La Falanghina è un vitigno antico, già noto e apprezzato dai Sanniti e dai Romani, che probabilmente lo chiamavano anche falernina per la sua diffusione nel Falernus Ager. E’ probabile che sia stato importato dalla Grecia, sua patria originaria, grazie ai frequenti contatti commerciali e ha poi trovato la sua patria di elezione in queste zone dell’Italia meridionale. Deve il suo nome alla pratica di far crescere le viti “legate al palo”, phalangae appunto. Le notizie certe più recenti risalgono alla prima metà del secolo XIX, quando viene citato in un trattato ampelografico come uno dei migliori vitigni dell’area sannitica. Gli studi più recenti hanno identificato l’esistenza di due tipologie, flegrea e beneventana, con caratteristiche diverse. Dopo un periodo buio oggi la Falanghina sta vivendo una stagione di rinnovato successo ed è molto diffusa in Campania, sia in purezza che in uvaggio con altri vitigni, ed è presente nel disciplinare di molte DOC.
La prima bottiglia degustata è l'ultima nata nella produzione della Cantina del Taburno: uno spumante extra dry, prodotto con Metodo Charmat, dai profumi intensi e accattivanti e con una seducente freschezza che rende molto piacevole la beva, frutto anche della vendemmia leggermente anticipata. Tre sono stati i piatti abbinati: una bella insalata di indivia e pomodoro con arancia e gamberetti all'amalfitana, conditi con una salsa a base di maionese e panna, presentata in piccole coppe e preparata con intagli simili ad un fiore; un carciofo ripieno di cozze alla sorrentina e il baccalà cucinato in umido alla napoletana, con pinoli e uvetta.
Per i primi, Paccheri di Gragnano con pomodorini di collina e mozzarella di bufala fresca e Tagliolini con patate e totani, tipici della tradizione napoletana, la scelta è ricaduta sulla tipica Taburno DOC 2007, il prodotto base che con alcune centinaia di migliaia di bottiglie copre circa un terzo dell'intera produzione della Cantina. Le uve, raccolte al perfetto grado di maturazione, vengono vinificate in acciaio a temperatura controllata e restano ad affinare per qualche mese. Il prodotto finale è un vino con aromi fruttati tipicamente varietali, che punta soprattutto su una persistenza aromatica davvero convincente.
Diversa l'elaborazione della Folius annata 2006, sempre Taburno DOC, frutto di una più accurata selezione dei vigneti, con una media di 4500 piante per ettaro, e di una diversa vinificazione: raccolta di uve surmature, fermentazione e affinamento di cinque mesi in barrique. Oltre ad un colore più intenso, il vino presenta profumi di frutta matura e toni speziati, forse un po' eccessivi (nelle mie degustazioni personali ho apprezzato maggiormente la Cesco dell'eremo, altra Falanghina della Taburno elevata in barrique, vinificata come Beneventano IGT). Riuscito per l'intensità aromatica l'abbinamento con il filetto di spigola condito con una crema di melanzana alla partenopea, accompagnato da Cardi con cacio e uova.
Per chiudere un tipico dolce napoletano, la pastiera, con l'ultima e, forse, più sorprendente versione regalata dal vitigno campano: Ruscolo 2003, un passito frutto di uve selezionate e lasciata appassire 3 mesi su stuoie e successivamente vinificate per almeno 12 mesi in barrique nuove. Profumi intensi di miele e scorza d'agrumi candita in primo piano, attraversati dalla nota di freschezza quasi minerale tipica del vitigno.


Francesco Rovida



Ristorante Gallery, via Pietro Manzi 19, 00053 Civitavecchia (RM)
www.cantinadeltaburno.it