Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
16/12/2008
L’otto di novembre, sono stato a Oliena in occasione dell’interessante Convegno dal titolo “L’Agroalimentare nella civiltà nuragica” organizzato dalla Cantina Gostolai e popolato di autorevoli relatori; mi rendo conto che i temi annunciati nelle locandine dei convegni fanno paura e lasciano presagire reazioni da dose letale di morfina; vi dico invece che i vari argomenti trattati, oltre a non annoiare il folto pubblico, hanno messo in risalto quanto l’archeologia enogastronomica sta aiutando a capire le dinamiche identitarie e l’evoluzione del modo di stare a tavola dei popoli. Ma non è il resoconto del Convegno che in realtà vi voglio fare, ma di alcuni indimenticabili momenti di allegria passati nel dietro le quinte con una banda di pattadesi impegnati a preparare il loro piatto bandiera che sono le Pellizzas. Cosa sono le Pellizzas? Se le assaggiate senza saperne niente, e se son fatte con gli ingredienti giusti e di grande qualità, vi potrebbero sembrare niente di più che un ottimo piatto di pasta fatta in casa…
ma in realtà la bellezza di questa preparazione va ben oltre il risultato finale e gira intorno alla ritualità della realizzazione. Gli ingredienti sono semplici: farina di semola di grano, acqua e sale (ho letto qualche ricetta che prevedeva 2 uova per chilo… mah!). L’impasto va lavorato a lungo e molto energicamente stando bene attenti a centrare la quantità di acqua che, se fosse troppa, rischierebbe di inficiare l’uniformità della cottura finale. Dopo il canonico riposo della pasta in luogo fresco, le persone incaricate della cottura, dopo aver preparato delle strisce cilindriche di pasta, si dispongno davanti a “Su labiolu”, un pentolone di rame con l’acqua che bolle e, ecco la magia de Sas Pellizzas, staccano con illusionistica velocità dei pezzi tutti uguali di pasta e, dopo averla appiattita con le dita, la buttano direttamente nel bollente. In circa dieci minuti, grazie alla perfezione dell’impasto, le prime e le ultime pellizzas hanno una cottura praticamente uniforme e sono pronte per essere condite con pomodoro e pecorino o, come si faceva un tempo, con il sottoprodotto dell’affioramento della panna del latte chiamato Ozzu Casu.
Che dirvi? dopo aver assistito alla preparazione, imboscato da alcuni momenti importanti della conferenza, ho mangiato un piatto che profumava di antico e di sardo. Buone Buone Buone. Viva Pattada e viva le pellizzas.
Piero Careddu