Incontri con i produttori

Arcadu, il Signor Cannonau - FACCIA A FACCIA CON IL GUERRIERO DEL NEPENTE

di Piero Careddu

16/12/2008

Da quando mi occupo di vino, arriva ciclicamente il momento in cui un amico produttore si presenta con delle nuove creazioni e non è facile scriverne in modo sereno e obbiettivo. Oggi Tonino Arcadu mi ha portato addirittura due bottiglie nuove d zecca: Pizzinnos 2006 e Askos 2005, due interpretazioni di cannonau barbaricino, vitigno al quale Tonino si è dedicato oramai come una missione. Nel caso la curiosità s’impossessi di voi e vi venga voglia di provare questi prodotti, vi segnalo che l’Askos è una produzione unica di sole 2800 bottiglie, vinificate e imbottigliate per festeggiare il ventennale di Gostolai. Proprio cosi! Tonino è da vent’anni in trincea per difendere la tipicità del Nepente di Oliena con tenacia e forza intellettuale ammirevoli. Con Tonino abbiamo trascorso un paio d’ore a chiacchierare di cultura sarda e dell’attualità del nostro panorama enogastronomico regionale che ho sintetizzato così:-

ALLORA TONINO, QUESTO NOSTRO CANNONAU E’ DAVVERO IL VITIGNO PIU’ SARDO E ANTICO CHE SIA MAI APPARSO SULLA NOSTRA ISOLA?
- Al momento non è ancora possibile affermare con certezza che sia il più antico ma si può ipotizzare, con documenti, ritrovamenti archeologici, ricerche storiche alla mano, che è nato e cresciuto in Sardegna e che la sua diffusione per tutto il mediterraneo, Spagna inclusa, è partita dalla nostra terra. Ormai le ricerche sulle sementi ritrovate in numerosi scavi archeologici dell’era nuragica e prenuragica sta convincendo persino le teste più scettiche che Cannonau, Guarnacha, Grenache e simili hanno un’unica provenienza che è la Sardegna e che la leggenda che attribuirebbe il merito della sua comparsa agli Spagnoli è appunto una leggenda.

- LASCIANDO DA PARTE LA DIPLOMAZIA DIMMI COME VEDI L’ATTUALE CONDIZIONE DELLA VITIVINICOLTURA SARDA.
- Potevi tralasciare la raccomandazione alla franchezza, come ben sai la diplomazia non è mai stata una mia peculiarità. E infatti, senza troppi giri di parole, ti dico che la situazione è a dir poco disastrosa… aggiungerei penosa! Lasciando da parte gli articoli trionfalistici che certa stampa sarda ogni tanto ci propina, soprattutto in occasione delle fiere nazionali, la realtà è che nel panorama nazionale contiamo poco e niente. Godiamo dell’immagine che ci siamo costruiti negli anni: i pasticcioni che scimmiottano le tendenze internazionali e neanche tanto bene, quelli che riempiono gli scaffali delle città mercato della penisola di vermentini e cannonau a un euro e ottanta la bottiglia! Abbiamo a disposizione tutti gli elementi per costruirci un’immagine di isola felice per cibo e vino ma siamo incapaci di mettere in atto un qualcosa che assomigli anche lontanamente al marketing o a delle politiche commerciali.

- MA SECONDO TE DOV’E’ IL PROBLEMA, LA CAUSA DI QUESTO DISASTRO?
- Metterei davanti a tutto quella che è una delle cause del vuoto culturale che attraversa oggi il mondo occidentale: la scarsa conoscenza della storia e la perdita della memoria. Anche noi sardi non siamo esenti da questo che è un vero dramma: non conosciamo il nostro passato e questo ci porta inevitabilmente ad una totale mancanza di consapevolezza delle nostre vere potenzialità.
Nel resto delle regioni ad alta vocazione vinicola stanno progressivamente abbandonando i vitigni internazionali a favore degli autoctoni: qua da noi, salvo qualche eccezione isolata, chi lo fa li vinifica utilizzando tecniche e tecnologie che si usano per merlot, cabernet e sirah con risultato che mettiamo sul mercato vini spersonalizzati e fotocopie di mille altre bottiglie che puoi trovare in giro per il mondo. Non abbiamo bisogno di vini semplicemente buoni e gradevoli ma di vini che parlano in sardo e che siano capaci di raccontare la Sardegna in giro per il mondo.

- MI HAI FATTO VENIRE IN MENTE QUELL’ANEDDOTO CHE AMAVA RACCONTARE GINO VERONELLI: MENTRE PASSEGGIAVA TRA I FILARI DI UN VIGNETO IN BORGOGNA, UN LAVORANTE, SORRIDENDOGLI CON MALIZIA GLI DISSE: ”NOI FRANCESI CON DELLE UVE D’ARGENTO FACCIAMO DEI VINI D’ORO, VOI ITALIANI AVETE DELLE UVE D’ORO E FATE DEI VINI D’ARGENTO…”. MA IN DEFINITIVA QUALI POSSONO ESSERE I RIMEDI A QUESTO SCENARIO CATASTROFICO CHE HAI DISEGNATO?
- L’aneddoto di Veronelli è emblematico. Mi chiedi la medicina per questo scenario? Rimboccarci le maniche, fare ricerca per la valorizzazione delle nostre diversità e, per quanto riguarda il marketing, fare tesoro delle ultime scoperte in materia storico-archeologica e di quelle scientifiche che vanno messe sul piatto della costruzione di un nuovo immaginario sardo intriso di storia e sapori antichi. E badate che non dobbiamo inventarci niente, abbiamo proprio tutto…

- MA SE DEVI BERE UN VINO CHE NON FAI TU, COSA TI PIACE DELLA SARDEGNA?
- Mah! Più di uno… per i bianchi mi vengono in mente i vermentini di Pedra Majore e per i Rossi alcune Riserve di Cannonau di Alberto Loi di Cardedu.
Questa chiacchierata si è svolta a tavola mentre assaggiavamo le ultime due creature di Tonino che ho trovato così:

PIZZINOS 2006
Isola dei Nuraghi
Gostolai - Oliena
Cannonau 80%, altre uve autoctone 20%
Rubino chiaro lucido e splendente, di buona densità. Naso tipico del vitigno con primo impatto di asfodelo e viola; in seconda battuta emergono la prugna con melograno e geranio. In bocca ha un ingresso di buon spessore con un tessuto di velluto grosso, rotondo e scorrevole sorretto da una buona base acida che si sostituisce ai pochi tannini dolci creando un buon equilibrio.
Fase retronasale di frutta rossa piena e matura che si evolve durante la deglutizione in suggestioni tra il vegetale e lo speziato. Finale lungo e gradevole. Vino di pronta beva, facile per merende con salumi artigianali e pecorini semistagionati a pasta morbida.
ASKOS 2005
Isola dei Nuraghi
Gostolai - Oliena
Cannonau 98% con aggiunta di piccole quantità di uve autoctone
A dimostrazione che Tonino non è un talebano ma, tutt’altro, una persona attenta e aperta ai cambiamenti e alle sperimentazioni, per questa bottiglia in edizione unica e limitata a 2800 pezzi, ha praticato la fermentazione delle uve in barriques nuove per i primi 5/6 mesi per poi fargli finire la maturazione in botti grandi e medio-grandi. Il vino si presenta alla vista di un bel rosso sanguigno lucente e pulito. Il naso è ricco di eleganza e suggestioni; su una base di frutta rossa matura e fiori autunnali si sviluppano riconoscimenti di spezie e minerali che conferiscono complessità e ulteriore finezza. In bocca largo e importante con sensazioni immediate di equilibrio fra le componenti: alcool ben sorretto da tannini rotondi ma efficaci e da note fresche e balsamiche. Sensazioni retronasali che ripropongono momenti speziati e vegetali con un finale lungo e appagante.
A tavola con primi piatti con cacciagione da pelo, carni rosse alla brace, formaggi di buona stagionatura. Grazie a Tonino con l’augurio di non mollare mai la sua coerenza e il suo amore per il buon vino sardo. 


Piero Careddu