Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
31/01/2009
Siete mai stati nella Penisola salentina? E’ una striscia di terra lunga e stretta che attraversa tre province della Puglia: Taranto, Brindisi e Lecce – la parte più meridionale della regione – dove finisce nel mare. Brulla e ricoperta di macchia mediterranea, odora di erbe selvatiche e di salmastro; ha i colori scuri degli ulivi contorti che si estendono a perdita d’occhio e quelli chiari e abbaglianti del sole che, palla infuocata, si tuffa nelle acque pulite di uno dei più bei mari del mondo.
A tutto ciò si accompagna una gastronomia di prim’ordine; dire che la cucina salentina sia buona è alquanto riduttivo. Certo, non è elegante o raffinata, né in termini di elaborazione né di presentazione delle pietanze, ma è genuina e verace, poiché esalta i prodotti del territorio. E così, le patate a pasta gialla, sode e saporite, si trasformano in stuzzicanti crocchette, che qui chiamano panzerotti, arricchite con tanto pecorino piccante, menta e aglio; oppure diventano un saporito tortino ripieno di formaggi e salami o di cipolle soffritte. Le melanzane, poi, sono servite in tanti modi diversi: non solo nella classica parmigiana – che di classico non ha niente – ma anche fritte con la pastella, arrostite, ripiene, fatte a polpette o cotte al forno, poi spellate, tagliate a listerelle e condite con aceto, olio, aglio e menta. I peperoni vengono serviti alla poverella: soffritti, bagnati con l’aceto e cosparsi di pangrattato; oppure a “peperonata”, con cipolle e sugo. Un bel sugo denso, in cui fare la scarpetta con il pane locale.
E qui è doveroso fermarsi e dedicare due righe in più a questo prodotto dalle mille sfaccettature, che in Salento mantiene il sapore antico della tradizione. Innanzitutto, qui il pane viene ancora fatto in casa con il lievito naturale tramandato nel tempo e ha la forma di grosse pagnotte caserecce dalla crosta dura e lucida; questa lucentezza si ottiene strofinando la superficie del pane con una pezza bagnata, non appena esso esce dal forno. Naturalmente, non parliamo di forni ad uso domestico, ma di quelli a legna, capaci di raggiungere le elevatissime temperature necessarie per questa cottura così particolare. Le donne del posto preparano le loro pagnotte e le lasciano riposare; alla fine della lievitazione, arriva il fornaio con la sua piccola Ape, su cui poggia di traverso una larga asse di legno. Ritira tutte le pagnotte da cuocere, le sistema delicatamente sull’asse e se le porta piano piano al forno, dove le cuoce. Ma come distinguere, poi, il proprio pane da quello delle altre? Ogni donna incide un simbolo sulle sue pagnotte, usando un elemento personalizzato: una grande chiave, un anello, un tappo… Queste forme di pane, semplicemente chiamato “fatt’u ‘ccasa”, fatto in casa, si mantengono a lungo, perché sono a base di un impasto già di per sé molto asciutto e, non a caso, non se ne fa mai solo una pagnotta, ma più pezzi destinati a un consumo più duraturo. Si gusta al meglio tagliato a fette e ricoperto con pomodorini freschi, abbondante olio d’oliva e sale, un po’ come si fa con la frisella che, in effetti, altro non è se non un pane biscottato; bagnata nell’acqua e condita allo stesso identico modo, è il pasto perfetto quando in estate si torna accaldati dal mare.
C’è poi il pane di patate, una grossa pagnotta a base di farina di grano duro e patate lessate e schiacciate, queste ultime responsabili di un prodotto particolarmente soffice e umido, dal sapore dolciastro. Anch’esso pane antico della tradizione, non è sempre facilmente reperibile. Si acquistano ovunque, invece, senza difficoltà le pucce, panini impastati con le piccole olive leccine, una cultivar tipica della Grecìa salentina; oppure i pizzi, che racchiudono nella soffice pasta pezzetti di olive verdi, pomodoro, capperi, peperoni… E poi ci sono tanti rompidigiuno: le treccine con le mandorle, i nodini al vino, i tarallini al finocchio o al peperoncino.
Se avete in programma di fare un viaggio nella nostra bella Italia, andate a visitare il Salento: le vostre papille ve ne saranno grate!
Rita Monastero