Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
03/02/2009
Ripensando al passato ricordo con facilità l’ immagine di alcuni locali di un tempo chiamati “sa buttega de su binu” (la bottega del vino), circa 30 anni fa. In questi locali tipici dei paesini della Sardegna non era cosa insolita udire anche numerose volte in una giornata frasi del tipo:
Il cliente,“bailla” (Basilia)
la barista, ”cumandiri!” (comandi)
Il cliente”Ua vernaccina” (una vernaccina).
Espressioni giocose e confidenziali per attirare l’attenzione e farsi servire il mio adorato vino, Il Vernaccia di Oristano.
Veniva servito dal bottiglione (il magnum) o spillato direttamente dalla botticella da 20 litri o a caduta nel bicchiere. Nonostante la sua fama come vino aperitivo lo si sorbiva a tutte le ore della giornata soprattutto quando si percorreva la strada delle conversazioni (vino da meditazione) a senso unico, come le chiamo io. Cioè in un discorso dove tutti volevano avere ragione. e il discorso durava per ore e ore senza esito positivo, senza vincitori ne vinti e, poi non si parlava mai con la bocca asciutta!
Nelle botteghe del vino era solito il gioco delle carte, più comunemente chiamato, la partita a carte (ua partida a catasa) e a quel punto era chiaro che la botticella da 20 litri non bastasse! E che dispute! Col gioco delle carte barare è lecito e chi sbaglia paga e, chi pagava da bere lo faceva il giorno dopo, per farsi perdonare, perché colui che aveva offeso in gioco doveva uscire di scena anzi, de sa buttega (dalla bottega).
Per riprendere il discorso Vernaccia e aperitivo vorrei fare ancora un salto nel passato. A questo punto non sono io a ricordare ma è mio padre a raccontarmi. Ottantacinque anni portati bene forse grazie anche al vino che a tutt’ oggi ai pasti principali non si fa mai mancare. Mi descrive di botteghe del vino di 60 e 70 anni fa. Stanze, cortili (sa prazza) o sa domu de sa prama (la cantina), organizzate in modo tale da garantire il servizio di vino e piccoli pasti. Tanto precisi e accoglienti da poterli definire “Wine Bar” del passato.
Banconi fatti di tavole e banghittusu (fusti di legno dove poggiavano le tavole), scanniteddusu (seggiole tipiche sarde), tavolini, sgabelli di legno costruiti in casa.
Le tovaglie, qualche volta ricamate da abili padrone di casa, piatti di terracotta spesso decorati, bicchieri standard per dosi precise, u’ ziccheddu circa 10cl.
Lo sapevate che la gassosa era la bevanda più richiesta a quei tempi?
Monica, Cannonau, bovale, Nuragus, Vernaccia, binu e gazzosa ( vino e gassosa) o gazzosa ( o gassosa). Acqua!! No, l’acqua non si vendeva, la si prendeva de funtana (dal pozzo).
Il cibo era venduto in buttega, cucinato al momento o portato da casa propria per scambiarlo tra commensali. Giarretu frittu (zerri, pesci da frittura), arengu (aringhe sotto sale), casu marzu (pecorino formaggio con i vermi: si ottiene in modo del tutto naturale, attraverso le larve della mosca casearia, la Phiophila casei, che nutrendosi dello stesso, contribuiscono a rendere cremoso e piccante il formaggio) callu de crabitu ( caglio di capretto stagionato).
E non mancavano favette fresche e sale, carciofi crudi e pinzimonio per ripulire il palato e po attirai su ziccheddu… E po acciupai (per fare da spugna) cibo e pane. La strada del rientro a casa era di solito lunga e buia. E si che di spugne ce ne volevano! Mio padre racconta che si andava a buttega per fare spuntini mica per saziarsi. Attirai su ziccheddu e acciuppai… Operri s’istogumu ( aprire lo stomaco), stuzzicando e spizzicando.
La domenica giorno di riposo e di festa quasi per tutti, era la giornata più frequentata e rituale ricca di incontri. La bottega si animava di personaggi del posto. Per raccontare e farsi raccontare, per fantasticare con is contusu de forredda (storie popolari sarde) sa musca macedda, Maria Farranca, Coixedda, domus de Janas… E per raccontare come si era trascorsa la settimana. Si andava nei Pub… oh! Scusate nelle botteghe del vino, nelle
Pubblic House… sa domu de su binu non era un pub ? (la casa del vino,non era un pub ?).
Dimenticavo! Li dentro si suonava, si cantava e si ballava il ballo sardo, e non si pagava per ballare. Si socializzava prudentemente. Il vino, un bicchiere costava dus soddusu (20 lire). Il cibo aveva un costo in base alla sua reperibilità. Il vino Vernaccia costava il doppio dell’altro vino e non si vendeva tanto. E visto che mi piace parlare di questo“magico” vino, il mio preferito, si è capito! Vi mando al capitolo Vernaccia di Oristano. Buona lettura!
Magico Flor, Magico vino…
Prostoserdovii, Bayanus, Rouxii, Brillii, sono i nomi dei microrganismi responsabili del processo di florizzazione durante il periodo di invecchiamento in botte del vino Vernaccia di Oristano. Il vino base, vernaccia 100%, dopo la vinificazione in bianco viene travasato in botti di rovere o castagno che sono tenute scolme , riempite solo per 2/3 e sistemate seguendo il metodo soleras. Ed ecco che proprio all’ interno delle botti, grazie all’ ossigeno presente in esse, si assisterà alla magica e naturale apparizione del “Velo de Flor “.
Già presenti in vigna, i lieviti flor, così comunemente chiamati, si riproducono su tutta la superficie del vino dapprima come delle chiazze bianche giallognole per poi formare una membrana più spessa e compatta. In questo modo il vino si“auto protegge” dall’ossidazione perché lo strato particolarissimo così formato non lascia passare l’ossigeno e i lieviti ne consumano quello in eccesso, lasciando libero sfogo a trasformazioni chimiche naturali. Per mezzo delle quali il vino si trasforma, si arricchisce di sentori unici e inequivocabili. All’assaggio si presenterà di un importante spessore, molto avvolgente, equilibrato nonostante la buona dose di acidi. Intenso al naso e penetrante al palato. Fine ed aristocratico. Austero. Il suo bouquet è ampio, mandorlo in fiore, scorze candite, albicocche disidratate, noci, mirra, spezie…(riscontrate ben 44 molecole odorose). Al suo ingresso in bocca è caldo e inebriante con un retrogusto amarognolo piacevole.
Il suo invecchiamento in criaderas, ossia, botti della stessa capacita, sistemate una sopra l’altra e per prima la solera (da qui il termine metodo solera), ci permette di degustare vino che potrebbe aver raggiunto persino un secolo di vita. La prima botte, quella che stà a contatto col suolo, contiene il vino più invecchiato mentre,nella criadera più in alto si trova il vino di annata. Dalla botte più in basso, la solera, periodicamente viene spillato una certa quantità di vino che verrà ricolmato col vino della criadera successiva. Questa procedura di travasi e colmature va avanti finché non si arriva alla criadera più in alto, dove ogni anno viene riempita di vino della vendemmia corrente.
Il vino Vernaccia di Oristano (il primo ad ottenere la DOC in Sardegna nell’anno 1971), è stato ed è ancora apprezzato e conosciuto da molti come il vino da aperitivo sardo per eccellenza. Servito fresco e secondo il suo invecchiamento è un ottimo aperitivo in grado di aprire lo stomaco e predisporlo al pasto. Si accompagna a piatti ricchi e saporiti della cucina marinara. Entra in cucina nella preparazione di alcuni piatti tradizionali di pesce. Si accosta ai formaggi affumicati e piccanti, ai grandi erborinati o con la bottarga di muggine. Ottimo vino da conversazione e da “contemplazione” quando si ha la fortuna di degustare, per citarne una, La vendemmia 1970, gioiello della natura.
Il Vernaccia di Oristano è secco e di colore giallo ambrato brillante e di colore molto carico se molto invecchiato. Quasi sempre liquoroso naturale ( non ho mai incontrato bottiglia con la fascetta di stato), il suo grado alcolico naturale arriva tranquillamente ai 18°. Si trova anche il Vernaccia di Oristano con residuo zuccherino percettibile che si sposa egregiamente con la pasticceria secca della Sardegna a base di mandorle dolci e amare, ad esempio gli amaretti di Oristano. E per concludere, un appello a tutti coloro che non avessero mai degustato questo vino tanto speciale quanto unico: Provatelo! E quando vi recate in enoteca per comprarne almeno una bottiglia, fate in modo che sia un riserva, 1970, 1985, 1987, 1988, 1989, (se avete la fortuna di trovarne una!), io mi assumo le mie responsabilità! Buona degustazione a tutti.
Donatella Scalas
Sommelier professionista