Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
10/02/2009
A seguito delle osservazioni di Angelo Concas, Presidente Nazionale dell’Accademia Internazionale Epulae - www.epulae.it - riguardo il libro I MIGLIORI VINI DEL MEDITERRANEO edito da Mondadori scritto dall’ex campione del mondo dei sommelier Enrico Bernardo, l’enologo e scrittore del settore Enzo Biondo invia, al giornale Epulae News, un articolo in cui critica, con dovizia di particolari, le inesattezze scritte da Enrico Bernardo.
“I MIGLIORI VINI DEL MEDITERRANEO”
DI ENRICO BERNARDO
Ed. Mondadori
L’appassionata discussione apparsa in questi giorni su alcuni quotidiani regionali riguardante l’ennesima guida dei vini, curata da Enrico Bernardo, proclamato miglior sommelier del mondo nel 2004, edita da Mondadori, ha tanto stuzzicato la mia curiosità da indurmi a comprare il volume e leggerlo con la dovuta attenzione.
In questa guida vengono esaminati i vini prodotti in 13 Paesi dell’area Mediterranea con un lavoro consistente che fa sicuramente onore all’autore per le informazioni e le curiosità che vanno ad arricchire il maestoso e complesso mondo del vino.
Una passerella descrittiva con lungo l’elenco di vini ed i loro produttori, tanti da poter compilare oltre 345 pagine su 467 dell’intero volume, completata con una trentina di fotografie a colori, anonime, e alcune cartine geografiche di regioni viticole, tre le quali anche quella della Sardegna. Sono presenti inoltre una serie di grafici che riportano la descrizione di alcuni vini Doc e Docg delle Nazioni descritte.
Premesso la mia diffidenza e antipatia sulle numerose guide dei vini in giro per il mondo, trovo però curioso, come in questo testo traspaia un’informazione mendace tra il titolo e il suo contenuto, facendo intendere di trovare nella guida i nomi dei “migliori vini del Mediterraneo”, suddivisi nelle categorie di eccellente, ottimo e buono, avendo l’autore esaminato 4000 mila vini, dei quali però non se ne conoscono le tracce, ed elaborato 1000 schede di valutazione di cui, forse per nostra distrazione, ne abbiamo conteggiato meno di 800, riguardanti in primo luogo l’Italia (225 vini valutati) e a seguire la Francia (210), la Spagna (168), la Grecia (63), la Croazia (15), la Slovenia (16), i Paesi del Maghreb -Algeria, Tunisia e Marocco (11) e i Paesi delle Coste Orientali –Cipro, Israele, Libano e Malta (27).
I vini italiani schedati provengono da 17 Regioni: Toscana (61 vini), Piemonte (60), Veneto (34), Friuli V.G. (25), Sicilia (12), Marche (7), Campania (5), Abruzzo (5), Basilicata (4), Trentino (4), Umbria (4), Puglia (3), Lombardia (2), Valle d’Aosta (1), Emilia Romagna (1), Lazio (1), Calabria (1).
Mancano all’appello i vini di altre tre Regioni come il Molise, la Liguria e la Sardegna che ha però l’onore di essere rappresentata con una cartina geografica a colori nella quale sono indicati i nomi di solo otto vini a Doc e il Docg Vermentino (non si comprende se i vini di queste Regioni non sono stati esaminati oppure non sono riusciti a superare neanche il valore qualitativo minimo di “Buono”?). Per le Regioni Molise e Liguria pur mancando le schede dei produttori esistono due brevi note elogiative dei rispettivi vini e delle zone di produzione. Infine, ultima tra le ultime la Sardegna (anche se geograficamente è collocata al centro del Mediterraneo) per la quale l’autore traccia una breve nota alquanto singolare e suggestiva che inizia proprio così: “La Sardegna possiede numerose vigne vecchie”. (anche se non è proprio così, ma non sarebbe poi una disgrazia). “Ma, al contrario dei viticoltori siciliani i sardi si accontentano di vendere i loro prodotti ai turisti d’estate, a livello locale, senza manifestare un vero interesse per l’esportazione”. (altra disinformazione macroscopica perché i vini sardi escono dai confini regionali verso altre mille destinazioni per almeno il 35% dell’intera produzione. Ma se fosse anche vero, che gliene frega al Signor Bernardo se i sardi preferiscono vendere i propri vini ai turisti d’estate?). Ed ancora: “Nel nord dell’isola, che beneficia di un clima mediterraneo influenzato dagli onnipresenti venti, il Vermentino di Gallura (unica Docg sarda) dà un eccellente vino bianco, aromatico e fresco” (si intuisce subito che al nostro amico sicuramente non piace il vento che lo trattiene lontano dalla nostra bella terra, e fin qui niente di male, ciò che più dispiace è invece pensare che non abbia mai bevuto il nostro “Vermentino” perché altrimenti saprebbe, da buon esperto, che esso non è un vino “aromatico” evitando peraltro di fornire alla stampa una cattiva informazione).
E poi ancora: “i vitigni locali, d’altro canto, conservano il ricordo dell’invasione spagnola che la Sardegna ha conosciuto nel Settecento” (a parte la considerazione che i nostri vitigni autoctoni non sono spagnoli ma molto più antichi, forse è anche superfluo precisare che nel Settecento gli spagnoli vivevano l’ultimo periodo della dominazione sopportata dal popolo sardo da ben quattro secoli ad iniziare dal periodo Aragonese nel 1300 circa.
Ed infine la ciliegina sulla torta, tanto per farci gioire, quando afferma che per i vini sardi: “l’unica difficoltà, quando sono bevibili, è digerirli” (scusami Bernardo se ti do del tu, visto che me lo consente la mia età, ma quali vini hai degustato in Sardegna, perché ti confesso che se esiste qualcosa di indigesto sono proprio le tue affermazioni prive di stile e buon senso.
Forse l’errore che commettiamo noi sardi è quello di parlare poco ma in maniera essenziale e precisa, come le informazioni sulla nostra vitivinicoltura e sui nostri produttori contenute nell’ultimo mio libro “VINO AMORE MIO”, di cui mi onoro di farti pervenire il volume al più presto, come omaggio dei vitivinicoltori della Sardegna e gli auguri con un vecchio detto contadino: “Pro faghere binu non bi keret zarra…pro faghere zarra bi keret binu…” (Per fare buon vino non servono le chiacchiere…per fare chiacchiere ci vuole invece buon vino…).
Con molta stima.
Enzo Biondo
Cagliari 09.02.2009
leggi l'articolo di Angelo Concas
Quando ci salta la mosca al naso!
Per la superficialità manifestata da chi dovrebbe invece possedere adeguata conoscenza.