Organo Ufficiale dell'Accademia Internazionale Epulae
Direttore Responsabile
Angelo Concas
27/02/2009
Pasta, il cartello costa caro. L'Antitrust "chiede" i danni.
L'Antitrust ha sanzionato 26 aziende produttrici e l'Unione industriali pastai italiani (Unipi) per "intese restrittive". Le multe sono pari a quasi 12,5 milioni di euro e sono state determinate, spiega l'Antitrust, «tenendo conto dell'eccezionale incremento del costo della materia prima e della situazione di difficoltà del settore. Valutati, caso per caso, il ruolo specifico svolto dalle aziende nella realizzazione degli accordi, le iniziative tese a contenere gli aumenti, le perdite di bilancio registrate nell'ultimo triennio».
Le multe dall'Antitrust hanno colpito le aziende: Amato, Barilla, Colussi, De cecco, Divella, Garofalo, Nestlè, Rummo, Zara, Berruto, Delverde, Granoro, Riscossa, Tandoi, Cellino, Chirico, de Matteis, Di Martino, Fabianelli, Ferrara, Liquori, Mennucci, Russo, La Molisana, Tamma, Valdigrano, insieme all'Unipi.
L'Autorità ha sanzionato con 100 euro anche l'intesa rappresentata da Unionalimentari, Unione nazionale della piccola e media industria che, in quanto associazione d'impresa, ha divulgato una propria circolare per indirizzare gli associati verso un aumento uniforme di prezzo.
L'Antitrust ha invece appurato che sono risultate estranee all'intesa, a diverso titolo, le società Gazzola, Mantovanelle e Felicetti, nei confronti delle quali era stata ugualmente avviata l'istruttoria. «I produttori sanzionati sono rappresentativi - spiega ancora l'Antitrust - della stragrande maggioranza del mercato nazionale della pasta (circa il 90%) e Unipi è l'associazione di categoria più rappresentativa del settore.
«Le due intese - specifica l'Autorità - hanno di fatto interessato l'intero mercato della produzione della pasta e hanno avuto effetti evidenti sul mercato in termini di aumento medio dei prezzi di cessione alla grande distribuzione organizzata e, conseguentemente, del prezzo finale praticato dai distributori ai consumatori. In particolare l'intesa realizzata da Unipi e 26 produttori è durata dall'ottobre 2006 almeno fino al primo marzo 2008. Dal maggio 2006 al maggio 2008 il prezzo di vendita della pasta al canale distributivo ha registrato un incremento medio pari al 51,8%, in buona parte trasferito al consumatore, visto che il prezzo finale è cresciuto nello stesso periodo del 36%».
Le reazioni dei produttori
«Pieno rispetto» per le decisioni dell'Antitrust, ma anche «riserva di agire nelle sedi competenti». È la linea del Pastificio Garofalo che in una nota, sottolinea che in merito all’esito dell’istruttoria avviata nel 2007 dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato sull’andamento dei listini dei prezzi della pasta, il Pastificio Garofalo, nel pieno rispetto dell’indagine, si riserva di agire nelle sedi competenti. Infatti ribadisce con fermezza di non aver mai aderito a presunti accordi di cartello finalizzati a influenzare la dinamica dei prezzi sul mercato e di non aver mai operato nessun tipo di speculazione ne alcun accordo lesivo degli interessi dei consumatori.
Secondo l’azienda nel corso dell’istruttoria, inoltre, tutte le aziende oggetto dell’indagine hanno praticato degli aumenti molto diversi fra loro e con tempistiche profondamente differenti. Questo, e l’alto numero di aziende pastaie, (ad oggi operano in Italia oltre 130 pastifici) è la dimostrazione evidente che non c’è stata alcuna manovra distorsiva nei confonti dei prezzi.
La Barilla annuncia il ricorso
Anche la Barilla non condivide la sostanza e le conclusioni del provvedimento dell'Antitrust e dichiara «di essere estranea a presunte azioni di cartello ai fini di determinare un aumento dei prezzi della pasta». L’azienda italiana sottolinea, anche per quanto attiene il periodo di indagine, di aver agito, come sempre nei suoi oltre 130 anni di storia, secondo criteri di assoluta trasparenza e con la massima libertà nel determinare la propria politica commerciale (prodotti di qualità superiore al giusto prezzo), in un settore caratterizzato da un'accesa competizione, accentuata negli ultimi anni dall'ingresso delle "marche private" sul mercato.
Barilla farà ricorso contro il provvedimento che non ritiene fondato. «Il provvedimento del Garante ci lascia stupiti - dice Guido Barilla, presidente del Gruppo alimentare. La nostra missione, da sempre, è quella di offrire alle persone prodotti di ottima qualità al giusto prezzo, operando in assoluta trasparenza, secondo i principi di sana concorrenza alla base del libero mercato. Sul tema dei prezzi la nostra azienda ha sempre avuto un comportamento responsabile. Gli aumenti strutturali degli ultimi mesi si sono resi necessari a causa dell'esplosione del costo delle materie prime e dei cambiamenti sui mercati globali».
«Per questo motivo - conclude il presidente del Gruppo Barilla - non credo si possa parlare di speculazioni ma di condizioni minime di sopravvivenza per un intero comparto industriale che, nonostante le forti tensioni interne, continua a garantire al nostro Paese, al costo di 1 euro, un pasto per una famiglia di 4 persone».
Il Garante: l'evidenza è inoppugnabile
«Avevamo evidenze inoppugnabili sull'esistenza dell'intesa». È la replica concisa ma chiara del presidente dell'antitrust, Antonio Catricalà (nella foto) alle dichiarazioni dei produttori di pasta. «Le multe sono fallimenti del mercato - ha proseguito - e l'antitrust fa di tutto per evitare questo strumento estremo». Secondo Catricalà l'intesa non è dipesa «solo dalla volontà degli imprenditori ma anche da fattori di mercato che registravano aumenti delle materie prime. In ogni caso l'intesa c'è stata ed era giusta sanzionarla. Vi hanno partecipato quasi tutte le imprese, tutte le grandi e molte piccole». Il presidente dell'antitrust ha infine assicurato che «continueremo a monitorare il mercato».
La provocazione della Coldiretti: restituire i soldi ai consumatori e agli agricoltori
«Le multe che le industrie pastaie devono pagare all'Antitrust andrebbero restituiti ai consumatori e agli agricoltori con il prezzo riconosciuto per il grano duro che è dimezzato rispetto allo scorso anno, senza alcun beneficio per i cittadini che hanno invece dovuto subire ingiustificati rincari». È quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel commentare la multa dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato al cartello della pasta. Oggi le quotazioni del grano duro si trovano su valori di quasi venti anni fa attorno a 22 centesimi al chilo mentre il costo medio della pasta si aggira attorno a 1,4 euro al chilo, praticamente stabile, secondo i dati del servizio Sms consumatori del ministero delle Politiche agricole.
La forbice dei prezzi tra la pasta acquistata dai consumatori e il grano duro coltivato dagli agricoltori si è allargata dunque su livelli insostenibili per imprese agricole e consumatori. La pasta ha infatti fatto segnare il record dell'aumento dei prezzi tra i prodotti della tavola nel corso del 2008 che, per il piatto più amato dagli italiani, è iniziato a gennaio 2008 con una crescita su base annua del 10% e si è concluso con un balzo del 28% a dicembre, toccando in diversi mesi dell'anno incrementi anche superiori al 30%.
Cia: più chiarezza sul mercato
«Non vogliamo entrare nel merito della decisione dell'Antitrust, ma da tempo avevamo denunciato una situazione anomala. Il prezzo del grano duro, dopo le impennate dei primi mesi del 2008, aveva subito un taglio netto, in alcuni casi del 50% mentre la pasta al consumo ha continuato a far registrare vistosi rincari, più 25,4% a gennaio scorso rispetto allo stesso mese dell'anno passato. È quindi evidente che qualcosa non ci convinceva e avevamo sollecitato le competenti autorità ad intervenire». Lo ha detto il presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) Giuseppe Politi commentando la multa inflitta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato alle industrie produttrici di pasta ritenute responsabili di aver fatto "cartello" per aumentare i listini.
«Questa vicenda - avverte Politi - ripropone con urgenza l'esigenza di fare massima chiarezza sul mercato e rendere trasparenti i prezzi dall'origine al dettaglio. La nostra proposta del “doppio prezzo” (quello praticato sul campo e quello sugli scaffali) è estremamente attuale e sarebbe opportuno che il Governo e il Parlamento provvedano ad adottare una misura del genere per renderla obbligatoria in etichetta».
«Per quanto riguarda la pasta, parlano da sole le cifre. Le quotazioni del grano - sottolinea il presidente della Cia - sono oggi uguali a quelle di venti anni fa, praticamente intorno a 0,20 euro il chilo, mentre al consumo i prezzi in media sono, per un chilo di pasta, tra 1,50 e 2,00 euro. Uno scarto eccessivo che giustamente ha fatto intervenire l'Antitrust».
Fonte: Agi