Chiacchierando di gusto

Spesso l’amore bussa alla mia porta e l’uscio del vecchio sognatore č sempre aperto.

di Donato Perillo

02/03/2009

Spesso l’amore bussa alla mia porta e l’uscio del vecchio sognatore è sempre aperto. 
Da qualche lustro un mio amore è stato ed è il mondo del vino.
Leggo varie riviste del settore e, tra esse, “il mio vino”, di cui apprezzo particolarmente la rubrica “Davide contro Golia”, in cui si mettono a paragone vini di alto lignaggio e, quindi, di prezzo elevato, e vini quasi sconosciuti al grande pubblico e modesti, a volte, solo nel prezzo.
A volte però in tali confronti ritrovo quell’atteggiamento parolaio di noi giovani degli anni sessanta-settanta sempre pronti a scagliarci contro i potenti individuando, a volte a torto, in essi gli ostacoli al progresso.
E’ il caso del mese di febbraio, in cui la rivista mette a confronto il Cervaro della Sala con alcuni chardonnay di ben più modesto prezzo.
A tale confronto mi permetto di fare alcune osservazioni:
                                                                                                                                             1° Non so dove l’estensore dell’articolo abbia riscontrato il prezzo di acquisto di € 41, da una mia piccola ricerca invece:
                                                                                                                                         a-Enoteca Costantini € 33,00 
b- Enoteca Trimani €37,80,
c- Italwine (on line) € 31,00
d-
Supermercato Le Clerc di Viterbo  € 29,00
                                                                                                                                             2°
Non mi sembra appropriato confrontare chardonnay in purezza col Cervaro della Sala, blend di chardonnay e grechetto, un vitigno, forse ancora sconosciuto al grande pubblico, che però caratterizza inconfondibilmente il vino (sicuramente siamo portati a tenere in poca considerazione tutti gli elementi che hanno in diminutivo nel loro nome)
                                                                                                                                             3° Non si può definire modaiolo un vino che viene prodotto con le stesse caratteristiche dal 1984; tra l’altro un paio di anni fa, grazie ad Oreste, patron del ristorante “Zi Maria” di Cerveteri, ho potuto assaggiare al buio presso il castello l’annata 1986 e per me fu un’esperienza indimenticabile di emozioni, profumi, colori, sapori e riscontrai un’acidità tale da garantire ancora lunga vita al prodotto.
                                                                                                                                                 4° I davide portati a confronto, apprezzabilissimi nel loro settore, prodotti nella versione acciaio solo acciaio, sono vini di pronta beva e di modesta longevità e per le loro caratteristiche non possono essere paragonati a quelli che fanno legno e sottoposti alla fermentazione malolattica.
                                                                                                                                           5° Non capisco perché bisogna vituperare i vini fatti con tecniche particolari, ma sempre lecite, adoperate da secoli dai francesi, nostri indiscussi maestri dell’arte del vinificare; nessuno mette in discussione Tiziano per le sue tecniche ed il perché della ricorrenza del cagnolino od osa paragonarlo agli imbrattatele che stazionano all’angolo delle strade e che poi tra essi, a volta, ci si imbatta in un maestro è l’eccezione che conferma la regola.
                                                                                                                                                6° Più appropriato, anche se pur esso discutibile, è il raffronto con il Cabreo La Pietra, di prezzo non modesto, con vinificazione in legno, ma monovitigno e gli chardonnay, vitigno dai “facili costumi” per eccellenza, differiscono tra loro sensibilmente anche in terroir vicini.
Non sono e non voglio essere il difensore di ufficio di Antinori e di Cotarella (Renzo) ma reputo il Cervaro della Sala un vino unico nel suo genere che può piacere o meno ma non paragonabile ad altri di vinificazione e natura diversi.
A “me mi piace” , a secondo del contesto e della compagnia, bere a volte il Cervaro, a volte il Cabreo, a volte il Kottabos, a volte altri senza preoccuparmi di fare confronti tra prodotti diversi, se poi vogliamo confrontare tra loro Baroli e Baroli, Barbareschi e Barbareschi, Chianti Classici e Chianti Classici e via dicendo il discorso è completamente diverso.

Donato Perillo
(sommelier enogastronomo di Epulae)